Le operatrici dei Centri Antiviolenza: che le essenziali non siano invisibili agli occhi
La violenza nelle relazioni di intimità e le sue tipologie
Le espressioni per indicare la violenza nelle relazioni di intimità sono diverse: violenza dal partner, violenza domestica, violenza coniugale. Sono tutte equivalenti e si riferiscono a quella tipologia di violenza di cui l’autore è il partner o ex partner quindi il fidanzato, il compagno, il coniuge, l’amante, il convivente, insomma l’uomo con cui la donna ha una relazione intima e di fiducia. L’espressione violenza all’interno delle relazioni di intimità è quella più utilizzata nella letteratura recente dato che sottolinea l’aspetto del tradimento delle aspettative della donna all’interno di una situazione giudicata protetta, ma anche l’attacco intimo che quindi subisce. Tale forma di violenza è la più diffusa e non tiene conto di estrazione sociale, livello di istruzione o società d’appartenenza. Ha una diffusione endemica e trasversale e evidenzia come la violenza di genere tragga origine dai rapporti di sottomissione delle donne all’interno della famiglia patriarcale.
Il patriarcato e la violenza patriarcale rappresentarono le prime battaglie dei movimenti femministi degli anni Settanta, i quali si opposero allo strapotere maschile esercitato, prima di tutto in famiglia, attraverso una sistematica sottomissione della donna al potere e al controllo dell’uomo. Per violenza patriarcale si intende dunque la strutturazione socio-culturale in cui gli uomini detengo il potere e lo usano subordinando la donna al fine di mantenere la formazione sociale dominante.
La trattazione in letteratura della materia prese avvio alla fine degli anni Settanta, per lo più negli Stati Uniti. Nel 1979 la Walker pubblicò The Battered Woman che rappresentò il punto d’avvio per la definizione del maltrattamento, fino a quel momento classificato alla stregua di un mero conflitto tra coniugi. La tesi della Walker partiva dalla netta distinzione tra abuso e conflitto, rispetto ai quali sosteneva una differenza qualitativa che si sommava alla convinzione secondo cui la violenza nella coppia è una problematica legata al genere. In tal senso il maltrattamento è strettamente connesso alle categorie di potere e controllo dell’uomo sulla donna, potere e controllo esercitati all’interno della relazione di intimità che si rivela poi come relazione abusante. Tale dinamica relazionale non può, e non deve, configurarsi come conflitto perché si caratterizza per l’assenza di reciprocità tra le due parti: la donna è la vittima e per sua stessa conformazione fisica ancora più in svantaggio. Nel caso dell’abuso uomo e donna non sono alla pari, ma la relazione è totalmente asimmetrica e a favore del maltrattante. Tale sbilanciamento è ciò che differenzia maggiormente il maltrattamento dal semplice conflitto. Altro elemento che pone distanza tra le due categorie interpretative riguarda l’attribuzione di responsabilità. In una situazione conflittuale vi è una distribuzione della responsabilità che non può essere ammessa, perché non presente, nel caso della violenza nelle relazioni di intimità, pena la vittimizzazione secondaria della donna e il rinforzo della stessa violenza che in tal modo viene anche depenalizzata e relativizzata. Per quanto il maltrattante rintracci nella circostanza, scatenante l’esplosione violenta, la ragione del maltrattamento è necessario partire dal presupposto secondo cui la violenza non è mai giustificabile e l’azione dell’uomo corrisponde a una sua deliberata scelta. Se si accettasse l’evenienza della circostanza bisognerebbe riconoscere che la responsabilità dell’agire violento non è solo e unicamente dell’aggressore, ma anche della stessa vittima che in qualche modo lo provocherebbe. Un atteggiamento del genere mistifica il reale e attenua il giudizio morale sull’abusante, andando ad aumentare i già presenti sensi di colpa e di vergogna caratteristici delle donne vittime di violenza. È perciò imprescindibile la distinzione netta tra conflitto e violenza nelle relazioni di intimità, l’attribuzione totale della colpa all’uomo maltrattante e il rifiuto deciso della circostanza, qualsiasi essa sia, scatenante la violenza.
La violenza nelle relazioni di intimità ingloba ulteriori tipologie e manifestazioni di maltrattamento, che vanno oltre la sola violenza fisica, nonostante siano i lividi e le botte che la società percepisce come abuso. In realtà la violenza all’interno di una relazione può non causare effetti visibili nell’immediato, ma non per questo sarà meno pericolosa e logorante da vivere. Ciascuna delle diverse tipologie di violenza, a sua volta, ha diverse manifestazioni. Si parlerà perciò di:
- violenza fisica,
- violenza sessuale,
- violenza psicologica,
- violenza economica,
- stalking,
- violenza spirituale.
La violenza fisica include qualsiasi azione che possa arrecare dolore o spaventare. Si manifesta perciò attraverso molteplici azioni:
- spintonare, scrollare, tirare i capelli;
- dare schiaffi, pungi, calci;
- mordere o prendere a testate;
- colpire con oggetti;
- strangolare;
- ustionare;
- ferire con un coltello o con altre armi da taglio;
- chiudere in casa o agire altre forme di sequestro;
- buttare fuori casa;
- infliggere mutilazioni genitali;
- torturare;
- omicidio o tentato omicidio.
La violenza sessuale, poco riconosciuta proprio perché all’interno di una relazione di coppia ha, per la stessa ragione, dei costi elevatissimi per la donna che con l’uomo maltrattante ha un legame affettivo. Da tale legame si prescinde sempre se si pensa all’espressione più eclatante della violenza sessuale, cioè lo stupro. I dati, però, affermano che la stragrande maggioranza delle violenze sessuali comunemente intese avvengono all’interno di relazioni di fiducia e ad opera di partner, familiari o conoscenti, mentre molto più raramente per mano di sconosciuti. La violenza sessuale non è solo stupro, ma comprende una vasta gamma di azioni, tra cui le molestie:
- battute e prese in giro a sfondo sessuale;
- fissare insistentemente e in modo allusivo;
- esibizionismo;
- telefonate oscene;
- obbligare a prendere parte alla costruzione o alla visione di materiale pornografico;
- palpeggiamenti e toccamenti a sfondo sessuale non desiderati;
- rapporti sessuali imposti, anche con terzi;
- essere costrette a comportamenti sessuali dolorosi o percepiti e vissuti come umilianti;
- stupro o tentato stupro;
- gravidanze o aborti imposti;
- sfruttamento sessuale e prostituzione coatta.
La violenza psicologica è una delle modalità più potenti attraverso le quali il maltrattante esercita le proprie strategie di potere e controllo. È tramite il maltrattamento psicologico che si attiva il processo di effrazione psichica a danno della donna che ne è vittima. Tale dinamica si realizza attraverso la messa in atto di strategie di potere e controllo umilianti, dolorose e attuate con costanza a carico della donna/vittima. [...]
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Le operatrici dei Centri Antiviolenza: che le essenziali non siano invisibili agli occhi
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Informazioni tesi
Autore: | Martina Ciccioli |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Progettazione e gestione dell'intervento educativo nel disagio sociale |
Relatore: | Elena Malaguti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 204 |
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