La realtà concentrazionaria nella narrativa di Tadeusz Borowski
Il lager come macchina economica
Nell’Introduzione alla versione inglese del libro di Borowski, This way for the Gas, Ladies and Gentlemen, il critico letterario polacco Kott mette in risalto la considerazione che l’autore fa sulla realtà di Auschwitz, definendola non solo come «la più sanguinosa battaglia della guerra», ma soprattutto come una importantissima fonte di guadagno per la Germania hitleriana. Grazie ai beni confiscati alle vittime, le casse dello stato tedesco vengono rimpinguate in maniera consistente, si tratta di veri saccheggi, il cui bottino è principalmente costituito da oro e da denaro.
L’ordine delle SS è chiaro, durante gli scali, i prigionieri che sono addetti allo scarico devono consegnare tutto ai funzionari, non è consentito rubare ne prendere nulla al di fuori di cibo, pena la morte per appropriazione indebita di beni di proprietà del Reich.
Una testimonianza dell’autore in tal senso è contenuta nel racconto Signore e signori, da questa parte per il gas, in cui una SS rivolgendosi al kommando addetto allo scalo, lancia un monito ai potenziali trasgressori: «chi prende oro o qualsiasi altra roba che non sia cibo, verrà fucilato per essersi impadronito dei beni del Reich. Capito? Verstanden?»
Ma il sistema finanziario che ruota attorno alla realtà concentrazionaria non riguarda solo beni citati poco sopra, nel lager si mette appunto un meccanismo in grado di sviluppare un’economia solida, fondata sullo sfruttamento dell’essere umano in toto; impiegato come forza lavoro fino allo stremo delle forze, il corpo, una volta esaurito qualsiasi potenziale, viene smembrato e trasformato per essere reimpiegato, magari in oggetti destinati al commercio esterno. Lo scrittore racconta in proposito:
«Appena ti ammali, ti portano via tutto: i vestiti, il berretto, la sciarpa avuta di frodo, il fazzoletto per soffiarti il naso. E quando muori, ti strappano i denti d’oro, già registrati nei libri contabili del campo. Ti bruciano, e con le tue ceneri concimano i campi o prosciugano gli stagni […]. Altrove però con la gente ci fanno sapone, con la pelle paralumi, con le ossa bigiotteria varia. Chi lo sa, forse roba da esportazione, destinata ai negri quando verranno sottomessi».
Queste parole semplici, crude e tragicamente reali, denunciano che il lager, oltre a una terribile macchina di morte, è anche una perfetta e spietata macchina economica. E a proposito del corpo, ormai espropriato dell’anima oltre che della dignità, ridicolizzato, maltrattato, seviziato e violentato, Borowski scrive ancora:
«quel corpo lo hanno sfruttato in tutti i modi: ci hanno tatuato sopra un numero per risparmiare sui collari e gli hanno concesso quel tanto di sonno, la notte, perché poi riesca a lavorare, e quel tanto di tempo durante il giorno perché possa mangiare. E di cibo, appena il necessario affinché non crepi improduttivamente. V’è solo un posto per vivere: un pezzo di giaciglio, il resto appartiene al campo, allo stato. Ma né questo piccolo ritaglio di spazio, né la camicia che indossi o la vanga che usi sono tuoi».
Osservando la realtà concentrazionaria dall’esterno, partendo da un punto di vista macroscopico, appare evidente che l’oppressore è il principale fruitore dei privilegi che il suo ruolo dentro al campo gli garantisce. Esaminando invece tale realtà dall’interno, cercando di analizzare la situazione in maniera più dettagliata, emergono discriminazioni e disuguaglianze di trattamento non solo nel rapporto tra vittima e carnefice, ma anche tra le vittime stesse. Di questo aspetto si è già discusso nel secondo paragrafo del capitolo primo di questo lavoro di tesi. Ciò che qui si vuole mettere in evidenza è che alcuni prigionieri possono beneficiare di piccoli privilegi, piccolissimi vantaggi che nel contesto concentrazionario acquistano un valore essenziale a garantire, magari, qualche giorno in più di sopravvivenza. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
La realtà concentrazionaria nella narrativa di Tadeusz Borowski
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Informazioni tesi
Autore: | Simona Corrente |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Andrea De Carlo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 101 |
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