Autocostruzione: casi, pratiche, politiche
Autocostruzione: gli aspetti sociali
In cui si indagano gli eventuali effetti sulla socialità
S'è visto come nel “secondo periodo” dell'autocostruzione italiana sia stata attribuita al fenomeno la capacità di modificare in meglio le relazioni sociali. Quest'ultimo concetto, tendenzialmente vago, ha in effetti molteplici accezioni, e molte sono quelle che si potrebbero attribuire proprio all'autocostruzione. Ad esempio le relazioni degli autocostruttori con la società in generale, esterna e superiore al cantiere; oppure considerazioni sulle prospettive di crescita ed inserimento – sociale – che gli autocostruttori ottengono grazie all'esperienza in cui si sono avventurati. Oppure, ancora, un'indagine sulle relazioni che si instaurano all'interno del gruppo degli autocostruttori, per il fatto stesso di essere loro medesimi, letteralmente, una piccola società. Ovviamente queste declinazioni sono tutte collegate, sono ognuna causa e conseguenza delle altre, e non se ne può analizzare solo una senza dover almeno nominare tutte le altre.
Si cercherà dunque qui di dare un quadro generale di quel che vuol dire “socialità” attorno ad un cantiere di autocostruzione, per capire se davvero ne possa trarre giovamento.
Per una trattazione organica è opportuno iniziare questa indagine dai rapporti che si vengono a creare all'interno del gruppo degli autocostruttori.
Una delle primissime cose che diventano assolutamente necessarie in un cantiere edile – un qualsiasi cantiere edile – una volta che è stato avviato, è la baracca. Ultimamente tende ad essere costituita da un elemento prefabbricato in materiali vari, dotato di una finestra, di una scrivania, un computer, di una lampada e, nel caso di tecnici particolarmente zelanti, di un tecnigrafo. Nei cantieri tradizionali più piccoli, in effetti, non è necessaria o comunque, viste le attività che vi sarebbero svolte, il cofano di un'auto può tranquillamente farne le veci; e gli attrezzi o gli strumenti più preziosi possono essere custoditi in una semplice cassa chiusa a chiave.
Nei cantieri di autocostruzione però la baracca diventa indispensabile perché rappresenta un importante banco di prova. Sarà il primo edificio costruito collettivamente dal gruppo unito e sembrerà una vera e propria piccola casa in legno. Svolgerà la normale funzione di deposito degli attrezzi e all'occorrenza ospiterà le riunioni teoriche ed operative per tutta la durata dell'intervento. È un manufatto teoricamente semplice, ma “rappresenta una sorta di sintesi delle fasi del processo produttivo: prima si costruisce la platea di fondazione, poi la struttura portante, e così fino alla costruzione del tetto. Uno dei compiti del direttore del cantiere, assieme al personale che lo coadiuva, specie in questa fase iniziale, è quello di far emergere le attitudini peculiari dei singoli e di orientare di conseguenza gli incarichi e le mansioni”.
Quel che più importa è che la baracca è costruita dal gruppo unito. È il momento in cui per la prima volta si lavora tutti insieme per un progetto che, pur essendo semplice, è interesse di tutti portare a termine. Si entra così, con una piccola cosa, che può sembrare banale, nella forma mentis che farà funzionare il cantiere; nella prospettiva cioè di lavorare insieme per un obiettivo comune – la casa – che può sembrare lontano, soprattutto se confrontato con una baracca per gli attrezzi, ma in vista del quale vale la pena di sorvolare sui dissidi, anche aspri, che possono nascere.
Questo particolare processo edilizio costringe infatti gli autocostruttori ad accettare il proprio compagno di lavoro, anche se le divergenze di opinione possono essere grandi, all'inizio anche solo per opportunismo, perché si sa che la casa che si sta costruendo potrebbe essere la propria. Proprio perché queste evenienze non sono affatto improbabili quando il gruppo è culturalmente molto plurale, sono importanti due figure: un mediatore culturale esperto ed un tecnico con passione didattica (l'ideale è una persona che riassuma in sé entrambe queste competenze). “Perché il vero problema, ormai, non è più il processo
o il sistema costruttivo [che è stato ampiamente collaudato ed è certamente efficace, nda], ma è saper tenere lo spirito di mutualità degli operatori e degli autocostruttori all'interno di una fase così difficile e così lunga com'è quella di un processo edilizio in autocostruzione. È importante che ci sia una – difficilissima – azione di transfert tra il responsabile dei lavori, l'architetto che organizza un cantiere di autocostruzione e i soci, per trasmettere quella necessaria sicurezza rispetto alle cose che si fanno”.
La mediazione culturale è fondamentale poiché “non riuscire a tenere insieme la gente significherebbe, ovviamente, minare alle radici la possibilità che queste persone hanno di costruire, tutti assieme, delle case”.
Il sapere esperto è altrettanto decisivo perché rappresenta, in fondo, la giustizia. La maggior parte delle discussioni nascono infatti per questioni legate alla diversa interpretazione di un progetto, di una regola costruttiva o comunque di aspetti tecnici. A questo punto il tecnico deve intervenire ed imporre con carisma la sua interpretazione, che è quella giusta. Con carisma ma non con arroganza: è importante che l'autocostruttore capisca di essere stato nel torto, e non continui a serbare dell'astio per il socio che la pensava diversamente da lui.
Agendo così, le dinamiche interne del gruppo, anche quando si presentano degli episodi di forte ostilità, tendono a riavvicinare gli autocostruttori in vista del raggiungimento dell'obiettivo comune. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Autocostruzione: casi, pratiche, politiche
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Cesare Moretto |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università IUAV di Venezia |
Facoltà: | Pianificazione del Territorio |
Corso: | Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale |
Relatore: | Francesca Gelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 220 |
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