Un ponte sull'Atlantico: influenza letteraria brasiliana sulla generazione di "Claridade"

Nel 1933 un sociologo nordestino, Gilberto Freyre (Recife 1990-1987) pubblica un libro rivoluzionario per la coscienza nazionale brasiliana e portoghese, un libro dalla “finissima scrittura” che “fece subito scandalo: il Brasile di quegli anni voleva essere Europa e si collocava dalla parte dei padroni, dei bianchi”. Il titolo del saggio è infatti Casa Grande e Senzala, i due nomi che principalmente designano i due spazi principali della dominazione coloniale e schiavista; la ‘casa grande’, la residenza del signore, del coronel, dove egli abitava con la famiglia e la ‘sanzala’, povera dimora dello schiavo, lavoratore nel latifondo.

La rivoluzione dell’opera risiede sostanzialmente nel realizzare un profilo storico-genetico dell’ex colonia portoghese rompendo il presunto eurocentrismo dei brasiliani. Il popolo di questo enorme stato sudamericano, è nato, secondo Freyre, dai rapporti sessuali dei padroni con le schiave nere e dai figli mulatti di queste unioni non ufficiali, che per secoli si sono perpetuate. Il sociologo ripercorre tutta la storia della colonizzazione e della schiavitù evidenziando come l’india, in principio, e la schiava nera, in seguito, abbiano rappresentato il ventre da cui sono nati i futuri eredi dei gloriosi portoghesi colonizzatori. “Più che un capolavoro, dunque, il libro di Freye è una rivoluzione, una vittoria dell’amore degli uomini verso i loro simili”, la definizione di Fernand Braudel, storico francese, nell’introduzione dell’edizione italiana dell’opera, è da considerarsi decisamente discutibile.

Essere d’accordo con un’affermazione così entusiasta di Casa Grande e Senzala e soprattutto con la sua quasi scanzonata rappresentazione del dominio schiavista portoghese, sarebbe interpretare la storia in maniera ipocrita. È innegabile, infatti, che i figli di quegli amplessi, tra il padrone è la schiava o tra l’india e il colonizzatore non fossero frutto del desiderio di entrambi, ma palesemente di un rapporto di dominazione sociale che diviene così dominazione sessuale. Molto spesso infatti le schiave, soprattutto in età puberale, erano vittime di veri e propri stupri, oppure, nel caso di rapporti consenzienti, la loro rassegnazione era il risultato di una accettazione silenziosa del dominio del proprio corpo.

Gilberto Freyre, invece, a tal proposito ha idee particolari, quasi contraddittorie: egli attribuisce lussuria e libertinaggio dei costumi alla donna india, e una forte carica sessuale alle popolazioni africane arrivate in Brasile a causa della schiavitù, anche se non giudica mai la nera volontariamente provocante. Procediamo però con ordine. Nel secondo capitolo del saggio, Freyre cerca di descrivere la popolazione india che il portoghese trova nelle terre inesplorate e lo fa con affermazioni di questo tipo: “l’ambiente in cui ebbe inizio la vita brasiliana fu quello di una quasi intossicazione sessuale. L’europeo, appena balzato a terra, cadeva fra le indios nude.”