La testimonianza della parte civile
Capacità di testimoniare e incompatibilità a testimoniare
Diceva Bentham: “I testimoni sono gli occhi e gli orecchi della giustizia. Da quando ci sono uomini che hanno preteso di rendere giustizia, si sono serviti della testimonianza come del modo di prova più agevole e comune”.
Fin dagli albori della storia umana la testimonianza costituisce uno dei mezzi di prova più importanti per ottenere giustizia, perché come affermano Borsani e Casorati, è “la natura stessa delle cose, è la necessità che impone la giustizia di ricorrere nei suoi procedimenti alla prova per testimoni”. La configurazione dell’attuale processo penale come processo di parti contribuisce a elevare a rango primario la prova testimoniale. La legislazione di tutti i paesi si preoccupa di determinare le condizioni entro le quali una testimonianza è valida.
G. Tesoro ricorda che “Il nostro codice di procedura penale ha poche disposizioni in merito alla testimonianza vera e propria. Sorge quindi il problema di determinare la capacità, concetto distinto dall’attendibilità. Secondo esso la capacità testimoniale (la capacità giuridica, cioè, di rendere una testimonianza attendibile nel processo penale) è posseduta da tutti (…). Vi è però un’incapacità testimoniale relativa (limitata cioè a quel determinato procedimento)” che esclude i parenti dei coinvolti. Va considerata come idoneità fisica o mentale. Quanto alla capacità per il singolo di rendere testimonianza, l'art. 196, co. 1, c.p.p. – ripudiando il sistema delle prove legali e valorizzando invece il principio del libero convincimento del giudice attribuisce ad ogni individuo la capacità di testimoniare, compresa la parte civile, lasciando poi al giudice la valutazione circa l'idoneità del singolo esaminato a riferire quanto da lui in precedenza percepito. L’art. 196 c.p.p., co. 1 con una formula vecchia ormai vuota afferma impropriamente “Ogni persona ha la capacità di testimoniare”, prevede al co. 2, che “il Giudice anche d’ufficio può, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, disporre gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge volti a verificare l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza”. La capacità testimoniale deve intendersi quindi come un aspetto della capacità giuridica di cui all’art. 1 c.c. l’unica che spetta a tutti e va tenuta distinta dalla legittimazione alla testimonianza che riguarda le vicende di ogni processo e trova eccezioni in tutti i casi di incompatibilità a testimoniare di cui all’art. 197, 197 bis c.p.p.. Il concetto tradizionale di capacità denotava secondo alcuni la capacità naturale ad assumere l’ufficio di testimone, qualità propria di tutti coloro in grado di percepire e raccontare i fatti, mentre altri facevano riferimento a questo concetto come capacità di esercitare una pubblica funzione. In ossequio al carattere pubblicistico della testimonianza, la capacità di assumere la funzione di testimone coincide con quella di esercitarne le relative attività. Di conseguenza la testimonianza è un atto dovuto, solo se sia riconosciuto a quel soggetto l’attitudine a rendere testimonianza”.
La conferma dell’”universalità dell’obbligo testimoniale” ha indotto il legislatore a disporre un ampio potere giudiziale circa la valutazione dell’affidabilità dei testimoni che si spinge fino a comprendere accertamenti in senso tecnico ex art. 220 c.p.p. per valutare l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza accanto ai più generali accertamenti in ordine alla credibilità soggettiva dei testimoni di cui all’art. 194,2 c.p.p. quando sorgano dubbi sull’effettiva idoneità mentale e fisica del teste. In questi casi il giudice ha la possibilità di incaricare un perito per accertare l’effettiva idoneità a testimoniare, ma tali risultati non precludono l’assunzione della prova. Lo stato di ritardo mentale della persona offesa o il parziale difetto di memoria non rendono la testimonianza inattendibile.
Constatata la generale capacità di testimoniare, vale la pena applicare questi concetti alla persona offesa e alla parte civile. La persona offesa, ancorché costituitasi parte civile, è pienamente capace di testimoniare, come ogni altra persona informata sui fatti, anzi ha l’obbligo di testimoniare. Ciò non è in contrasto con il principio di uguaglianza, né con il diritto di difesa. L’offeso dal reato, a differenza dell’imputato, è posto in condizioni di assurgere a fonte di prova in un processo la cui decisione avrà autorità di giudicato nell’eventuale causa civile di risarcimento danni.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La testimonianza della parte civile
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Letizia Ticozzi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Oreste Dominioni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 254 |
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