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Diritti umani e biopotere. Riflessioni in margine ad una filosofia della catastrofe

Le origini della catastrofe

Il famoso giurista italiano Giuseppe Capograssi, nell'importante saggio Il diritto dopo la catastrofe, coglie il centro nevralgico della crisi dello Stato attraverso lo studio dell'individuo, della libertà e del diritto. L'autore si propone di analizzare il periodo successivo alla Guerra mondiale nel quale lo Stato e il diritto non erano più gli stessi, ma erano diventati uno strumento nelle mani di gruppi di potere e l'individuo era solamente un uomo "aderente ad un totem" ovvero, non era più un singolo autonomo, ma colui che subiva le decisioni dei sovrani. Per capire le origini della crisi del concetto di Stato, l'autore sottolinea che non bisogna "immeschinire o impiccolire" tale problematica, in quanto, per trovarne le cause, bisogna operare in modo logico e reale. Nell'opera V si dice che la causa principale della sofferenza degli individui all'interno del mondo internazionale è riconducibile allo Stato sovrano, ma, in realtà, dietro alla parola "Stato", dobbiamo riconoscere le volontà degli uomini: essi stessi sono gli artefici delle condizioni di morte dello Stato sovrano.
Alle radici di tutta la crisi possiamo trovare l'idea dell'umanità e della vita: l'umanità non ha valore di per sé e l'individuo non è più un essere intelligente e morale che ha una sua legge e verità, ma è solo un "astratto paradigma di forze", una forza puramente passiva.
Ciò che diventa importante è il fine a cui gli individui vogliono arrivare: il soggetto è una pura passività e l'umanità diviene solo la materia nella quale s'imprime il fine che si vuole raggiungere. Decadono così tutti i valori e i principi che caratterizzavano l'umanità: è a questo punto che il suo significato cambia e le viene attribuito un connotato negativo. Si parla di umanità disponibile, "disponibilità come pura potenzialità, pura passività a qualunque esperienza e direzione".
Questa falsa idea dell'umanità, che era diventata intrinseca nell'animo di molti contemporanei, aveva eliminato in molte coscienze l'idea dell'uomo. Ossia, parafrasando lo stesso Capograssi, "ha tolto dall'animo di molti nostri contemporanei la persuasione, che tutti gli uomini sono uomini". L'uomo ha importanza solo per quel valore che il gruppo dominante impone come imperativo di una determinata società: diventa prossimo solo verso colui che partecipa, assieme a lui, a quel certo valore o scopo, ed è quindi appartenente alla stessa razza, classe sociale o politica o allo stesso gruppo. Colui che invece non partecipa non vale come uomo.
In conseguenza a tali considerazioni ne deriva che l'individuo che non partecipa o che addirittura si trova in contrasto con il valore, viene considerato "dannoso" e quindi può essere soppresso.
Se ci troviamo nella sfera del doveroso e dell'obbligatorio l'individuo non ha valore di per sé, ma il suo unico valore è uniformarsi a quello del gruppo. A questo punto la soppressione di colui che non si conforma diventa una pratica lecita. Inoltre l'individuo, essendo denudato dei suoi diritti, può essere plasmato a piacimento del gruppo dominante poiché esso ha la forza di formarlo a seconda dello scopo predisposto. Il segreto è non lasciarlo vivere come vuole e impedirgli di pensare in modo autonomo poiché pensare significa affermare la verità: bisogna dunque porre come valore supremo il pensiero del gruppo dominante a scapito dell'essere individuale, creando una sorta di tabula rasa. Pertanto si agirà in modo tale da eliminare ogni pensiero individuale, facilitando la globalizzazione mentale per far si che l'unico pensiero giusto sia quello predeterminato dal gruppo di potere. In secondo luogo, per creare il nuovo individuo, anche la morale viene rinnovata cambiandone l'oggetto: mentre prima si pensava ad evitare di fare del male all'altro individuo, ora l'importante diventa non far male allo scopo che è stato imposto. L'altro individuo, quindi, non viene più considerato, ma viene sostituito dagli "astratti scopi" imposti alla vita.
Una volta eliminato il pensiero dell'uomo abbiamo la completa spersonalizzazione di tutto il mondo della vita concreta. Il nuovo individuo è spersonalizzato soprattutto perché non conosce più il rapporto umano con un'altra persona, ma solamente un rapporto con uno scopo. Ovviamente non tutti gli individui vogliono essere ridotti e plasmati secondo questo nuovo prototipo di uomo, ma anche chi non volesse è costretto alla trasformazione, estirpato dal mondo sociale e portato nei luoghi creati ad hoc per "spersonalizzare" l'individuo: questi posti sono chiamati campi di concentramento. I campi si avviano a diventare un mondo sociale di secondo grado in cui gli individui vengono svuotati e in cui le personalità vengono annientate mediante l'uccisione giorno per giorno dell'uomo. Al loro posto rimane solo la nuda vita, privata di ogni carattere di umanità. L'uomo che deriva dai campi di concentramento viene chiamato "uomo concentrazionario".
Storicamente abbiamo potuto notare che, per seguire tale scopo, è "stato necessario" trasferire una popolazione dai territori in cui aveva la sede originaria, oppure sopprimere un'intera popolazione di un'intera regione o razza.
Questa è l'idea centrale e falsa dell'umanità, ed è alla radice del nuovo tipo di catastrofe realizzatosi nella storia moderna.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Diritti umani e biopotere. Riflessioni in margine ad una filosofia della catastrofe

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Informazioni tesi

  Autore: Wendy Denise Lenarduzzi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Trieste
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Roberto Scarciglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 54

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