Il gioiello non prezioso
La pubblicità del gioiello fantasia
La rivista femminile diventa l’elemento guida nella scelta dell’abito da indossare e dell’accessorio da accompagnare a quest’ultimo. Siamo alla fine degli anni Cinquanta e la donna è ormai consapevole della possibilità di trovare, semplicemente sfogliando le pagine di un giornale, le tendenze del momento, le acconciature e il maquillage più in voga, i gioielli indossati dalle dive del cinema da lei preferite e alle quali vorrebbe assomigliare.
In queste pubblicazioni, oltre alle pagine contenenti gli articoli scritti da giornalisti, accompagnate dalle foto scattate dai fotografi di moda, è presente però anche un altro elemento costante e costitutivo della rivista: la pubblicità.
Questa, il cui ruolo è dichiaratamente quello di promuovere un oggetto o un marchio, spingendo la lettrice a trasformare l’immagine stampata in un oggetto del desiderio da acquistare, contribuiscono non solo al sostentamento economico del giornale, tramite le tariffe di inserzione, ma hanno anche un ruolo chiave nel determinare l’impronta stessa della pubblicazione.
Allo stesso tempo la scelta da parte di un produttore – di bijou in questo caso – di far pubblicare le proprie locandine pubblicitarie su “Vogue” o su “Women’s Wear Daily”, piuttosto che su “Mademoiselle”, può sicuramente essere considerata una scelta di marketing orientata ad un mercato la cui fascia d’acquisto è più o meno alta. Anche il settore della costume jewelry fece largo uso delle pubblicità sulle riviste femminili, con un picco negli anni Quaranta e Cinquanta. La quantità e la qualità di questi messaggi pubblicitari varia molto a seconda della grandezza dell’azienda e del tipo di mercato ricoperto. Nell’indagine è stata analizzata la pubblicità fatta da Coro nel periodo che va dagli anni Trenta agli anni Sessanta.
La scelta è stata determinata da diversi fattori; primo tra tutti l’ampia consistenza di questa azienda che nel corso della sua attività stanziò stabilimenti dagli Stati Uniti all’Europa, e che già nel 1936 aveva un fatturato di 2.900.000 dollari.
Quest’azienda, che nel 1929 aveva adattato la sua produzione ad ogni fascia di mercato. Nel corso degli anni, infatti, seguendo l’andamento della moda che aveva promosso l’andamento della bigiotteria, prima considerata modesta e poco elegante, ad accessorio indispensabile per la donna attenta al proprio look, l’azienda era passata dalla produzione di ornamenti per capelli, applicazioni in perline, fibbie e pendenti s bijoux raffinati e ricercati nel disegno. Sin dagli anni Venti l’azienda Coro faceva pubblicità settimanalmente su “Women’s Wear Daily”, con uno slogan che promuoveva gioielli a prezzi contenuti
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il gioiello non prezioso
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Informazioni tesi
Autore: | Silvia Segalini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Politecnico di Milano |
Facoltà: | Design |
Corso: | Moda |
Relatore: | Alba Cappellieri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 126 |
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