L’Istituto del concordato preventivo

In linea generale i soggetti ammessi al concordato preventivo erano quelli esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo. La disciplina, infatti, non opera alcuna distinzione né in funzione della struttura giuridica del soggetto che consegue il reddito d’impresa o di lavoro autonomo, né in funzione della residenza del soggetto che consegue tale reddito, ragione per cui l'Istituto poteva essere applicato a residenti e non purché titolari di redditi imponibili in Italia. Quindi potevano aderire le società, le associazioni, gli enti commerciali e non (comprese le società di capitali che avevano optato per il regime di trasparenza). Inoltre, non rilevava nemmeno il regime contabile, per cui potevano essere ammessi anche contribuenti in contabilità semplificata.

Restavano esclusi, come detto, ai sensi dell'art. 33 del decreto legge, come risultante dalla legge di conversione, i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo entrati in attività dopo il 31 dicembre 2000 oppure che avessero dichiarato ricavi o compensi d’ importo superiore a 5.164.569 euro nell’esercizio 2001 e coloro che nel periodo avevano aderito a regimi forfetari anche per uno solo degli anni 2001 e 2003 di determinazione dell'imponibile.

Oltre alle seguenti cause di esclusione restava sempre in vigore quella relativa alla non congruità agli studi di settore o ai parametri (esclusione appianabile con un opportuna azione di adeguamento tale da regolarizzare la posizione).
Altra condizione obbligatoria per avvalersi dei benefici del concordato preventivo era, infine, quella rappresentata dall'assunzione dell'impegno da parte del contribuente di dichiarare volumi di ricavi o compensi e di redditi d’impresa o di lavoro autonomo non inferiori alle soglie minime stabilite dall'art. 33 per gli anni 2003 e per il 2004.