La questione del Bonheur tra Denis Diderot e l'abate Galiani

L’interesse per la questione del bonheur s’intreccia spesso col tema religioso. Il Settecento, in materia religiosa, è caratterizzato dal diffondersi del deismo, dottrina filosofica che ritiene che il solo uso della ragione possa far pervenire alla fede in Dio, che non interverrebbe nelle faccende umane ma si limiterebbe a garantire il buon funzionamento del mondo naturale. Dunque, nella maggior parte dei casi, non viene criticata la religione in sé e per sé, ma la religione rivelata, mentre viene dato più credito a quella naturale. Il tema religioso occupa, naturalmente, buona parte anche delle riflessioni di Galiani e di Diderot. Pur essendo entrambi fondamentalmente atei, il loro ateismo prende forme diverse. Mentre infatti l’ateismo di Galiani è un prodotto del suo cinismo e della sua sola fede nell’Io e nel Bonheur assoluto cui aspira, quello di Diderot è più “morbido”, nel senso che ciò che sembra rifiutare in toto è la religione esteriore, fatta di ipocrisie, ma non la semplice idea di Religione. Talvolta, anzi, egli sembra aderire a una sorta di Religione naturale. In entrambi i casi, comunque, il dibattito attorno al tema religioso è sempre legato ad altre tematiche; infatti, ciò che caratterizza i due filosofi, è proprio il libero ragionare che porta i temi a confondersi, completarsi, arricchirsi. Pur in questa scrittura così varia, vi sono comunque opere e scritti in cui ben si distingue il riferimento alla religione. Parliamo, da un lato, del romanzo di Diderot La monaca, dall’altrodi un luogo particolare del Dialogo sopra le donne e altri scritti dell’abate Galiani, e precisamente quello intitolato “Intorno al Cristianesimo”, nonché alcune lettere della Corrispondenza con gli amici francesi. Vediamo, a partire dall’analisi di queste opere, il diverso porsi dei due pensatori di fronte alla tematica religiosa e soprattutto ai suoi rapporti con quella del bonheur.