Il ruolo della musica nella radiofonia locale: un’analisi di tre emittenti fiorentine
La crisi identitaria dell’emittenza pubblica
All’inizio degli anni Settanta la gestione del settore radiotelevisivo italiano era ancora nelle mani dello Stato; vi era dunque un sistema di monopolio che non prevedeva la concorrenza di privati ma che affidava l’organizzazione ed il controllo del servizio ad una società pubblica, la RAI. Tale scelta, compiuta ormai da anni e condivisa in tutti gli Stati europei, era motivata da più fattori. A livello tecnico, si pensava che solo l’istituzione nazionale avrebbe potuto farsi carico delle spese di costruzione e manutenzione del sistema degli impianti di trasmissione, nonché degli investimenti necessari allo sviluppo del settore radiofonico; la ragione principale era però che i governi comprendevano il valore della radio come strumento per costruire consenso, mantenere la coesione sociale e diffondere cultura, perciò non volevano demandarne la gestione a privati. Nelle sue linee guida infatti l’azienda pubblica dichiarava di non perseguire alcun interesse economico ma di impegnarsi a divulgare attraverso i suoi tre canali (Radiouno, Radiodue e Radiotre) i valori della comunità nazionale, a garantire l’imparzialità, il pluralismo e l’universalità del servizio poiché quello radiofonico rientrava, assieme alla sanità, all’educazione, al trasporto e ad altri, tra i servizi primari che uno stato sociale doveva garantire ai suoi cittadini. Tutto avveniva sotto l’attento controllo della forze politiche e civili che cominciavano ad avvertire con urgenza la necessità di un intervento per regolamentare il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. Con la presunzione di agire per il bene pubblico, la RAI continuò ad offrire trasmissioni volte a formare ed educare, senza rivolgere troppa attenzione né alle indagini sull’ascolto e sul gradimento effettuate dal Servizio Opinioni, un organo di ricerca interno all’azienda, né agli utenti stessi che chiedevano programmi di intrattenimento finalizzati solo a divertire. L’emittenza pubblica aveva un carattere conservatore e governativo ed un tono spesso troppo ufficioso. Basata sulla professionalità dei suoi impiegati, l’impostazione istituzionale non ammetteva scorrettezze e non lasciava spazio a quella che di lì a poco sarebbe diventata, per le emittenti pirata, la modalità tipica di fare radio: l’improvvisazione. Anche i brani passati erano rigidamente controllati da una Commissione d’ascolto preventivo che decretava l’idoneità di un testo ad essere o meno trasmesso. Partendo dal presupposto che anche i bambini potevano costituire il pubblico di una radio, venivano “censurati” i temi che avevano a che fare con la sfera sessuale e religiosa, quelli che trattavano di politica in modo non conforme alla linea ufficiale o che parlavano in maniera irrispettosa della Patria, del Presidente della Repubblica e di tutte le alte cariche dello Stato (Magistratura, Polizia ecc.).Oltre ai testi, si guardava anche al valore artistico delle canzoni, stabilito confrontando il modo di cantare dell’artista alla tradizione italiana del bel canto. La Commissione di solito cercava di intervenire alla fonte controllando le nuove canzoni (quasi solo italiane) registrate dalla SIAE e concordava spesso con gli autori e con le case discografiche le modifiche da apportare per poter trasmettere il loro pezzo. Tra gli artisti più noti e più “bocciati” vi furono Jannacci, Battisti, Guccini e Fabrizio De André il quale, bollato come bandito, venne eletto tra i cantautori preferiti della generazione del Sessantotto. In seguito al suo successo la RAI tentò di ricucire lo strappo passando qualche sua canzone meno provocatoria, meno diretta come Amore che vieni amore che vai.
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Il ruolo della musica nella radiofonia locale: un’analisi di tre emittenti fiorentine
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Informazioni tesi
Autore: | Azzurra Ciani |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Comunicazione Strategica |
Relatore: | Marco Bracci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 119 |
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