Discriminazione religiosa e riposi settimanali: il conflitto tra il tempo di lavoro e il tempo di riposo
La disciplina giuridica dell'Unione Europea
L’evoluzione della disciplina comunitaria concernente la normativa antidiscriminatoria, che mira al raggiungimento dell’uguaglianza sia formale che sostanziale tra cittadini e non, ha condotto alla prescrizione di nuovi tipi di divieti riguardanti la protezione dei diritti di libertà individuali. I nuovi cittadini europei portano con sé altrettanto nuove rivendicazioni, sia di eguaglianza che di differenza, nel rispetto delle proprie culture e identità, nelle quali la religione è un elemento di importanza centrale.
La predisposizione dell’apparato normativo antidiscriminatorio evidenzia, ancora una volta, come il progetto europeo sia sempre più lontano dalla volontà di limitarsi a realizzare un tipo di integrazione esclusivamente di tipo economico. Difatti l’azione politica comunitaria, una volta superata l’idea di un’unione prettamente riservata al raggiungimento di un mercato unico, caratterizzato dalla libera circolazione di merci e persone, si è rivolta alla materia occupazionale in termini di diritti sociali. Anche se a causa della diversa situazione e delle diverse politiche occupazionali nazionali l'iter negoziale si ê dimostrato difficile, la promozione dell’occupazione nel rispetto dei diritti umani, in particolar modo riguardo alla protezione dei soggetti deboli, è divenuto un obiettivo comune ai paesi membri.
Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, riconosce alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea un valore vincolante per gli Stati membri. Infatti all’art. 6 stabilisce, al comma 1, che la Carta assume lo stesso valore giuridico dei trattati, mentre al comma 3, che i diritti fondamentali da essa garantiti, e quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione, in quanto principi generali. Ma, a causa delle pressioni e dell’azione di contrasto proveniente soprattutto dal governo britannico, si è deciso di non includere nel Trattato, cui entrata in vigore è stata subordinata alla ratifica di tutti gli Stati membri, l’intero testo della Carta. Durante le trattative per la stesura del trattato infatti, i rappresentanti inglesi hanno contrastato l’idea di darne un’efficacia vincolante, proponendo di inserirla soltanto come protocollo aggiuntivo. Tra i protocolli allegati al Trattato di Lisbona, vi è quello concernente l’applicazione della Carta di Nizza alla Polonia e al Regno Unito, che ne hanno ottenuto l’opt-out.
L’art. 1 comma 1 del protocollo dispone che la Carta non estende la competenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, o di qualunque altro organo giurisdizionale della Polonia o del Regno Unito, a ritenere che le leggi, i regolamenti o le disposizioni, le pratiche o l'azione amministrativa dei due Stati non siano conformi ai diritti, alle libertà e ai principi fondamentali che essa riafferma. Il comma 2 dispone che nulla nel titolo IV della Carta, concernente la disciplina del lavoro, crea diritti azionabili dinanzi a un organo giurisdizionale applicabili alla Polonia o al Regno Unito, salvo nella misura in cui i essi abbiano previsto tali diritti nel rispettivo diritto interno. Difatti il successivo articolo, l’art. 2, sancisce che qualora una disposizione della Carta faccia riferimento a leggi e pratiche nazionali, essa si applica alla Polonia o al Regno Unito soltanto nella misura in cui tali diritti o i principi contenuti sono riconosciuti nel diritto o nelle pratiche dei due paesi.
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Discriminazione religiosa e riposi settimanali: il conflitto tra il tempo di lavoro e il tempo di riposo
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Informazioni tesi
Autore: | Sara Girardi |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Internazionali e Diplomatiche |
Relatore: | Rossella Bottoni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 189 |
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