Il sistema pensionistico italiano: le riforme compiute e i problemi aperti
Realtà pensionistica italiana in continuo mutamento: le nuove professioni
Per comprendere meglio i mutamenti del sistema previdenziale italiano e le prospettive future che questo offre ai lavoratori, è necessario analizzare un ulteriore settore lavorativo che, nel corso degli ultimi, si è espanso nel mercato italiano.
Tutti gli abituali lettori di quotidiani e riviste avranno sicuramente notato che, da circa un decennio, le pagine dedicate agli annunci di lavoro hanno cambiato il loro profilo; esse, infatti, presentano un numero crescente di ricerche di figure professionali quali operatori di call center, agenti, promoter. A tali annunci rispondono, molto spesso, giovani alle prime esperienze lavorative, che non conoscono pienamente il significato di tali ruoli e che non si rendono conto delle prospettive previdenziali cui vanno incontro.
Tali particolari tipologie di lavoro, definibili quali autonome, si sono sviluppate sul mercato italiano dagli anni Settanta, quando è entrato in crisi il modello fordista: l’Italia ha assistito alla proliferazione di nuove professioni, attività caratterizzate da un livello intellettuale e specialistico, svolte in prevalenza all’interno dell’azienda o comunque integrate nel programma organizzativo imprenditoriale.
L’impresa si è trovata così a non rappresentare più il semplice datore di lavoro, bensì un cliente, delegante al professionista lo svolgimento di un determinato servizio o prestazione.
La crescita delle forme di lavoro atipiche, non standard, è stata considerevolmente favorita dall’avvento della società dei servizi, ove ad un’espansione della domanda dei servizi, ha corrisposto una difficoltà dell’offerta.
Il settore secondario ha progressivamente lasciato spazio al terziario che, trovandosi di fronte ad una domanda crescente, ha incrementato il proprio personale, usufruendo di tali particolari tipologie di lavoro, piuttosto sottovalutate dall’industria e dall’agricoltura. Ragioni essenzialmente organizzative e tecnologiche, congiunte a nuove forme di produzione, ai processi di dematerializzazione della produzione stessa, allo sviluppo di rapporti di lavoro sono quindi alla base dei mutamenti nel mercato del lavoro.
Taluni congiungono ai fattori appena esposti un ulteriore elemento, significativo per la trasformazione del mercato attivo: la disoccupazione. Infatti, alcuni soggetti ritengono che la variazione avvenuta nel corso degli ultimi anni debba essere interpretata quale possibilità di restituire al singolo maggiore autonomia operativa riflettendo, al tempo stesso, la flessibilizzazione delle strutture produttive portanti il lavoratore a subire più che scegliere tali attività.
L’alterazione apparirebbe quindi quale conseguenza della persistente disoccupazione imperversante nel mercato italiano ed internazionale. In sostanza, questa teoria afferma che la struttura standard del mercato è oramai inadeguata: è necessario investire nell’autoimprenditorialità e nell’autonomia, per arricchire le piccole e piccolissime imprese di figure non vincolate contrattualmente, in grado di ampliare la loro sfera clientelare.
D’altro canto, però, alcuni autori, tra cui Barbieri, interpretano la crescita del lavoro autonomo quale elemento legato ai meccanismi di sviluppo economico - produttivo, indipendentemente dagli indici di chiusura del mercato del lavoro locale; lo sviluppo del lavoro in proprio risulta quindi essere semplicemente frutto del superamento della produzione di massa fordista. Non vi sarebbe quindi alcuna motivazione legata alla costante disoccupazione alla base dello sviluppo dei lavori atipici.
I lavori autonomi rappresentano una sorta di “valvola di flessibilità” che ha, nel corso del tempo, consentito sia il mantenimento di prerogative e sicurezze fordiste per una parte del mondo del lavoro, sia l’esternalizzazione di fasi della produzione e di attività economiche a forze lavoro indipendenti, specializzate, flessibili e, soprattutto, economicamente convenienti per le imprese. I lavori autonomi si sono così rivelati in grado di coniugare esigenze tra loro notevolmente differenti, dirigendo il mondo del lavoro ad una vera e propria trasformazione strutturale.
Le professioni emergenti hanno assunto il nominativo di lavoro parasubordinato, di cui si trova il riscontro normativo nel Codice di procedura civile, art. 409, modificato dalla Legge 1 agosto 1973, n. 533. Il Codice afferma che tale categoria lavorativa consiste in rapporti di collaborazione che si concretizzano in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
Tale prestazione lavorativa si differenzia quindi per l’autonomia organizzativa di cui gode il lavoratore e per la mancanza di vincolo della subordinazione. Il lavoratore parasubordinato attivo fa parte della categoria di lavoratori atipici che comprende sia i lavoratori sprovvisti di Iva sia gli aventi essa, dai quali però è necessario escludere amministratori, sindaci, revisori di società, partecipanti a commissioni poiché definiti quali tipici.
La subordinazione in sé è intesa quale “[…] disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo impartite circa le modalità di esecuzione dell’attività lavorativa”. Altre caratteristiche, quali l’osservanza di un orario, l’assenza di rischio economico, la forma retributiva e la stessa collaborazione, hanno valore indicativo ma mai determinante per la definizione di un rapporto lavorativo subordinato. Il lavoratore subalterno presta quindi, a discapito di un compenso, le proprie abilità intellettuali e manuali al datore di lavoro, il quale le dirige e, al contempo, ne usufruisce.
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Il sistema pensionistico italiano: le riforme compiute e i problemi aperti
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Informazioni tesi
Autore: | Ileana Crobeddu |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze del Governo e dell'amministrazione |
Relatore: | Federico Revelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 138 |
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