I poteri di indagine del difensore tra legislazione e prassi
La deontologia del difensore
Nello svolgimento degli atti di investigazione difensiva, il difensore è tenuto ad operare con rigore deontologico e secondo la regola del cosiddetto “agire corretto”, in modo tale da rendere il suo operato immune da censure ed efficace ai fini della conclusione del procedimento.
La deontologia è quel complesso di norme posto a regola del comportamento nell’ambito di una determinata professione, costituendo una base non certo nuova dello stesso concetto della professione trattata. Il nuovo apparato codicistico, formatosi con il ciclo di riforme in materia di indagini difensive, impone un nuovo sguardo sulle norme di comportamento: un esempio su tutti, la possibilità conferita al difensore di avere colloquio con i futuri testimoni, attività fino a poco tempo fa vietata, non solo da norme deontologiche ma anche penali.
Il concetto di “difesa” si trova ad essere ampliato al dovere di ricerca della prova, quindi di indagine difensiva: quest’ultima assume un connotato positivo, ponendosi come dovere che non deve essere violato, pena la sanzione. Questo assunto dovrebbe costituire il punto di partenza per distogliere il difensore dall’esitazione nell’intraprendere la ricerca della prova e dall’attesa di prendere semplicemente atto dei risultati raccolti da altri, nel timore di infrangere regole deontologiche, rimanendo ancorato al proprio vecchio ruolo. In questo senso il dovere della difesa assume un carattere deontologico: il suo abbandono può essere sanzionato esclusivamente dall’ordine di provenienza e non più dalla Sezione Istruttoria della Corte d’Appello.
La correttezza del difensore è garanzia di una buona indagine difensiva, approfondita e in cui non vi sarà spazio per dubbi investigativi o sulla provenienza degli elementi probatori; tale per cui la ricostruzione dei fatti risulterà lineare e frutto di un’indagine completa e senza zone d’ombra. Come già accennato, il punto di partenza di una indagine difensiva è il colloquio da parte del difensore con il proprio assistito, che dovrà essere condotto senza preconcetti e con la sola volontà di accertare i fatti, omettendo pensieri e pareri personali o interventi (penalmente sanzionabili) che possono interferire con la reale ricostruzione dei fatti o alterarne i contenuti. Il difensore avrà inoltre il compito di spiegare il proprio ruolo attivo di indagine al proprio assistito, prospettandogli una difesa dinamica supportato dalle stesse investigazioni e di cui deve essere presupposto fondamentale un rapporto di lealtà di comportamento processuale reciproca.
Un problema di carattere deontologico da affrontare è quello riguardante i limiti alla ricerca della prova e la selezione di esse, soprattutto nel caso in cui vengano reperite prove a carico dell’assistito. Come criterio generale, la ricerca della prova deve essere finalizzata alla ricostruzione dei fatti oggetto di reato nella loro completezza, comprendendo tutti gli elementi, anche a sfavore dell’accusato, con lo scopo fondamentale di decidere se portare o meno in dibattimento la vicenda e quali elementi scegliere da presentare in giudizio. In ogni caso, gli elementi di prova raccolti durante un’indagine difensiva non possono essere utilizzati contro il proprio assistito, poiché dalla norma deontologica si può arrivare alla responsabilità civile e penale: il cosiddetto “patrocinio infedele”. Il limite deontologico e penale sta ovviamente nell’espresso divieto di alterare i fatti accertati o gli elementi di prova.
Appare pacifico che non si possa configurare un limite deontologico per quanto riguarda il colloquio con le persone informate sui fatti precedentemente ascoltate dall’autorità pubblica, con l’unico espresso divieto di rivolgere a tali persone domande su quanto dichiarato durante i precedenti colloqui con l’inquirente pubblico o sulle domande da esso poste. Soprattutto per il pericolo di influenza sul teste con cui si ha colloquio o la pre-costituzione di una dichiarazione (comunque potenzialmente svelabili tramite un buon esame incrociato in dibattimento), dove è venuta meno la sanzione penale, devono sopperire le norme deontologiche, ma appare difficile stabilire se sia più o meno opportuno provvedere ad indicare analiticamente un codice deontologico di tutte queste procedure oggi sorte.
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I poteri di indagine del difensore tra legislazione e prassi
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Informazioni tesi
Autore: | Marta Clelia Dessalvi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Sociologia e scienze criminologiche per la sicurezza |
Relatore: | Giorgia Pavani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 78 |
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