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Formarsi e crescere attraverso il servizio civile volontario: un'opportunità educativa offerta ai giovani

L’associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 c.p. (art. 416, comma 6, c.p.).

La legge 11 agosto 2003, n. 228 ha introdotto all’interno della fattispecie dedicata all’associazione per delinquere un sesto comma con cui si prevede un inasprimento di pena per le associazioni a delinquere che sono finalizzate alla commissione dei delitti contro la personalità individuale previsti dagli art. 600, 601 e 602 c.p.. Il comma in commento è stato poi recentemente nuovamente modificato dall’art. 1, quinto comma, della l. 15 luglio 2009, n. 94, recante “disposizioni in materia di pubblica sicurezza”. Alla luce di tali modifiche l’attuale sesto comma dell’art. 416 prevede la sanzione della reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti al primo comma e da quattro a nove anni per i casi previsti al secondo comma, qualora l’associazione a delinquere sia: “diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonché all’art. 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”.
La norma è stata introdotta a causa dell’insufficienza delle disposizioni già presenti nell’ordinamento a colpire adeguatamente le organizzazioni criminali del tipo in questione. In particolare, si può ricordare la norma di cui all’art. 3, n. 7 della legge Merlin, l. n. 75 del 1958, applicabile unicamente alle associazioni finalizzate al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento dell’altrui prostituzione e che peraltro prevedeva una sanzione troppo blanda per assolvere a finalità deterrenti; d’altro lato il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, pur aggravato dal fine di prostituzione della vittima, presupponeva non solo la prova dell’ingresso illegale della persona offesa nel territorio dello Stato, requisito non essenziale rispetto ai reati in materia di tratta, ma si presentava molto distante, per struttura e finalità, dalla realtà che contrassegna la tratta e la riduzione in schiavitù, realizzate prevalentemente da gruppi criminali radicati in vari paesi. Si rendeva quindi indispensabile l’introduzione di uno strumento realmente in grado di recidere il legame che unisce la tratta di persone e la criminalità organizzata. Sin dalla XIII legislatura si susseguirono numerosi progetti di legge che suggerivano l’introduzione di una fattispecie associativa, specificamente volta a colpire i delitti di tratta. Le soluzioni che furono proposte erano da un lato la previsione di un delitto associativo ad hoc e dall’altro la ricomprensione di questi delitti all’interno dell’art. 416 c.p.. La proposta di legge AC-‐ 5340, recante “misure contro il traffico delle persone” sosteneva la prima soluzione ed introduceva un art. 602 bis c.p. con cui si incriminava l’associazione finalizzata alla tratta.
In analoga direzione si mosse anche la versione originaria del progetto di legge AC-‐ 1255. Tale opzione venne poi capovolta in Senato, con la conseguenza per cui la fattispecie venne ricollocata, pur rimanendo intatta nella struttura, all’interno dell’art. 416 c.p.. Tale scelta, accompagnata peraltro dall’innalzamento dei limiti edittali previsti per l’ipotesi base, fu motivata dall’esigenza di non moltiplicare le fattispecie associative, mantenendo la centralità, anche simbolica, della norma vigente. La soluzione appena illustrata, che si sostanzia nell’introduzione di un’aggravante ad effetto speciale, non è però scevra di conseguenze. La qualifica di circostanza della fattispecie in esame comporta l’applicabilità del giudizio di bilanciamento, con conseguente possibilità di una sua eliminazione qualora eventuali circostanze attenuanti siano ritenute equivalenti o addirittura prevalenti. Tale soccombenza si realizza nonostante il contrasto con la ratio legis della l. 228 del 2003 che è invece finalizzata a realizzare un particolare rigore sanzionatorio. Nella modifica poi che la legge 228 ha apportato all’art. 600 sexies, si sottraggono le circostanze aggravanti previste qualora il fatto sia commesso in danno di minori, ma senza menzionare l’art. 416, sesto comma c.p.. Tale effetto poteva naturalmente essere evitato con la previsione di un divieto di bilanciamento, come quello dettato ad esempio dallo stesso art. 600 sexies c.p. o dall’art. 12, comma 3, quater, D.lgs. n. 286 del 1998, come modificato dalla l. 189 del 2002 (c.d. Fini-‐Bossi), soluzione più conforme alla rilevanza del bene giuridico tutelato280. Di difficile individuazione è l’autorità giurisdizionale competente. Sembra difatti di ardua applicazione il criterio che considera determinante il luogo in cui l’associazione, destinata ad operare nel tempo, opera in concreto, prescindendo così dal luogo di realizzazione dei delitti. Vista la gravità del reato, l’art. 1, secondo comma, della l. 31 luglio 2006, n. 241,281 ha espressamente escluso l'applicazione dell'indulto, tra l'altro, per il delitto di cui all'art. 416, sesto comma.

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Fedon
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Sede di Portogruaro
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze dell'Educazione
  Relatore: Orioldo Marson
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 129

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