Il 'Quarto Stato': oltre la tela. Il capolavoro di Pellizza attraversa turismo, cinema e mass media
Quarto Stato come paratesto nel film Novecento
La prima ricorrenza conduce a Novecento (1976), di Bernardo Bertolucci. Introdotta solo nella fase conclusiva, il missaggio, l’opera pellizzana diventa icona ed emblema pittorico del film stesso. Il successo di questo film, d’altro canto, ha rappresentato per il dipinto una proficua vetrina di promozione, che si è riverberata successivamente anche sulla rivalorizzazione del suo autore. Il mezzo cinematografico, in questo caso, si è dimostrato un buon espediente per la promozione artistica del dipinto.
Oltre che nei titoli di testa di Novecento, il dipinto pellizzano compare anche nella locandina cinematografica. L’immagine viene collocata nella seconda metà del manifesto, sotto ai volti in primo piano dei protagonisti del film. La disposizione, non casuale, istituisce fin da subito un nesso tra i personaggi del dipinto e i protagonisti di Novecento.
Verifichiamo il trattamento al quale, in Novecento, Bertolucci, in collaborazione con il direttore della fotografia Vittorio Storaro (con cui il regista intrattiene un felice sodalizio) sottopone l’opera pellizzana. Nella scelta di utilizzare il dipinto come “introduzione” al film stesso, la tela si dispone come scrigno contenente una complessa narrazione che verrà poi sviluppata dal film stesso. Non a caso Bertolucci sceglie di sostare a lungo sulla riproduzione del Quarto Stato.
In apertura troviamo un primo piano sull’uomo snodo del dipinto, incorniciato al nero. A poco a poco l’inquadratura si amplia, cominciando a contemplare al suo interno gli altri due personaggi in primo piano (la donna e il vecchio). Man mano che i titoli di testa appaiono, si cominciano a scorgere il resto della folla in secondo piano, lo sfondo scuro e il suolo sabbioso fortemente illuminato. La memoria grafica ed emotiva dello spettatore però rimane legata al volto del contadino in primo piano che sembra sempre più in avvicinamento verso lo spettatore. Bertolucci dedica molteplici minuti alla graduale contemplazione del dipinto, ponendo come sottofondo conciliante la musica di Ennio Morricone, che farà da sottofondo all’intero film.
La scena iniziale di Novecento si apre in una rigogliosa giornata primaverile nelle verdi campagne padane, sullo schermo appare la didascalia “25 Aprile 1945”, giorno della Liberazione dal Fascismo. Dopo questa parentesi, inizia un lungo flashback che dura per quasi tutta la narrazione. È proprio in questo passato che cronologicamente ha inizio la storia dei due protagonisti. Il flashback riparte dal 1901 e si apre con la scena di un uomo, Gobbo (Giacomo Rizzo), il giullare del villaggio che, barcollante ed ubriaco, avanza verso di noi e annuncia la morte di Giovanni Verdi, urlando disperatamente “Verdi è morto! Verdi è morto!” e poi se ne va, dandoci le spalle. L’effetto è tragicomico: il giullare è vestito in modo buffo come uscisse da un’opera verdiana; inoltre la musica di sottofondo è Rigoletto, ad accentuare la grottesca comicità in una situazione drammatica.
La morte di Giovanni Verdi simboleggia la fine dell’Ottocento, la fine di un secolo risorgimentale e l’inizio di una svolta. Infatti Quarto Stato viene posto da Bertolucci come introduzione alla narrazione filmica per il suo significato di collante e, al tempo stesso, spartiacque tra Ottocento e Novecento.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il 'Quarto Stato': oltre la tela. Il capolavoro di Pellizza attraversa turismo, cinema e mass media
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Informazioni tesi
Autore: | Prisca Fumagalli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze del turismo |
Relatore: | Farah Polato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 61 |
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