L'efficacia della condizionalità politica nell'allargamento dell'Unione Europea: le variabili intervenienti e i casi comparati di Ungheria e Bulgaria.

I governi degli stati candidati sono stati naturalmente al centro della strategia di pressione ideata dall’Unione Europea. Gli strumenti utilizzati, che saranno analizzati in particolare più avanti, rappresentano una decisa intrusione nelle politiche interne degli stati interessati all’adesione, inedita se paragonata ai precedenti allargamenti. Hanno avuto in generale una duplice funzione nei diversi gradi di avvicinamento alla membership.

In primo luogo hanno consentito alla UE di usare la minaccia dell’esclusione dalla successiva tappa del processo nei confronti di quei candidati che non adottavano le misure richieste, e viceversa di premiare gli stati in funzione dell’avanzamento delle riforme e dell’adozione dell’acquis, assumendo così, secondo le parole di Grabbe [1999], un ruolo di gate-keeping.

In questo modo il processo di pre-adesione ha assunto una natura incrementale, che insieme al meccanismo di incoraggiamento su ricompensa ha creato una relazione a lungo termine puntellata da una serie di “premi” scaglionati lungo il processo. Inoltre, servendosi di tali strumenti, la Commissione ha potuto disporre di una gamma di opzioni per assistere i candidati nel soddisfacimento delle proprie domande, ad esempio condividendo competenze e informazioni, elencando liste di priorità, e chiedendo a ogni governo di stabilire un piano d’azione che facilitasse l’osservanza delle richieste.

Accordi di Associazione (Europe Agreements - EA). Il primo potenziale strumento di pressione nelle mani dell’Unione Europea poteva essere la gestione degli EA, ma non fu usato. Questi accordi erano essenzialmente commerciali, ma stabilivano anche un’intesa politica: l’UE è giunta a siglarli con la Romania e la Bulgaria solo alla fine del 1993, e ha colto quella occasione per includervi una clausola che rendeva l’Accordo condizionale al rispetto dei diritti umani e delle minoranze.

Nessuno di essi è stato però mai sospeso (né arrivavano minacce in tal senso) quando si sono verificate violazioni della democrazia e dei diritti umani, anche se gli accordi ne facevano esplicita menzione. L’Unione Europea si lamentava molto solo quando venivano infrante le clausole commerciali, rivelando la natura degli Europe Agreements come pura espressione degli interessi economici degli stati dell’UE.