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Katyn (1940-2010): una strage che sembra non aver fine?

L’ammissione di responsabilità e la “copertura” dell’Occidente

Le menzogne riguardo le responsabilità di Katyn rimasero tali fino alla fine dell’era Gorbaciov, che nonostante le sue proclamazioni di “glasnost”, aveva cercato in tutti i modi di procrastinare le rivelazioni della responsabilità sovietica.
Lo stato delle cose cambiò all’istituirsi di una Commissione sovietico-polacca nel 1987, che, frugando tra gli archivi messi a disposizione, scoprì una fonte dal semplice titolo “Centro per la conservazione delle collezioni di documenti storici”. In questo archivio (definito “speciale” e sorvegliato dal Kgb) vennero trovate le comunicazioni della “Direzione per gli affari dei prigionieri di guerra” dell’Nkvd: fondamentalmente si trattava di più di 9.000 fascicoli che chiarivano sullo sfruttamento dei prigionieri a fini lavorativi e sulle loro condizioni di vita nei campi. Questi documenti funsero da trampolino di lancio per la successiva ricerca: era facile immaginare che esistessero altre fonti più specifiche, e in particolare sul caso di Katyn.
Il responsabile della Commissione, il russo A. Yakovelv, ha dichiarato di avere inviato la documentazione a più indirizzi, e più precisamente in 5 copie (al Dipartimento Internazionale del CC, al Kgb, al Ministero degli Esteri, e “non ricordo più a chi altro”) così da poterla rendere burocraticamente protetta.
Così avvenne che nel Maggio del 1988 in una cerimonia a Katyn, ufficiali sovietici e polacchi assistettero al formale riconoscimento della responsabilità sovietica nell’eccidio, messo in atto dall’Nkvd. Questo poteva essere considerato un atto significativo da parte della dirigenza del partito, ma la realtà è che l’avvenimento si può considerare nient’altro che un “buckpassing” di responsabilità di stile kruscioviano: come aveva fatto quest’ultimo nel 1956 durante il XX Congresso del Pcus, scaricando le colpe del fallimento sovietico a Stalin e denunciando i suoi crimini, così faceva ora la dirigenza del Partito, lavandosene le mani e facendo ricadere ogni tipo di responsabilità su Lavrentij Berija e sull’Nkvd.
Comunque sia, l’atto finale dell’ammissione sovietica avvenne il 13 Ottobre 1990, giornata mondiale delle vittime di Katyn, giorno in cui, durante una cerimonia al Cremlino, Gorbaciov porse le scuse ufficiali al popolo polacco per l’eccidio di Katyn. In quell’occasione il Segretario del Partito sovietivo consegnò nelle mani del governo polacco alcune casse piene di documenti segreti, che avrebbero svelato tutti i misteri riguardo Katyn.
Quando salì al potere Eltsin, alla nascita della nuova Russia, venne passata un’altra importantissima documentazione. Questo racconto di Yakovelv è tratto dal libro di Zaslavsky “Il massacro di Katyn”:

Tra le carte particolarmente importanti – disse il funzionario sovietico – Gorbaciov passò a Eltsin una busta contentente un certo numero di documenti, aggiungendo che era indispensabile discutere per decidere cosa farne in seguito. «Temo che possano sorgere complicazioni internazionali. Del resto sta a te decidere.», notò Gorbaciov. Eltsin lesse e concordò che sarebbe stato necessario riflettere seriamente. Ero sconvolto. Si trattava di documenti segretissimi su Katyn, testimonianze dei crimini del regime. Ero sconvolto anche perché Michail Sergeevic aveva consegnato questi documenti con una calma straordinaria, come se non gli avessi più volte avanzato la richiesta di ordinare al suo Archivio (del Comitato Centrale) di cercare e ricercare i documenti. Guardai Gorbaciov sbigottito, ma non notai alcun turbamento. Così è la vita.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Katyn (1940-2010): una strage che sembra non aver fine?

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Informazioni tesi

  Autore: Britan Kodheli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Francesco Privitera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 63

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