Iraq: storia di un dramma dalla Seconda Guerra del Golfo al caso Abu Ghraib
Lo scandalo di Abu Ghraib
Lo scandalo scoppiò anche in Gran Bretagna. All’inizio del maggio 2004, il “Daily Mirror” pubblicò un articolo sulle torture praticate da soldati inglesi, basato su un rapporto di “Amnesty International”, e lo corredò di fotografie che poi furono giudicate false. Il governo attaccò ferocemente il “Daily Mirror” per non aver controllato l’autenticità delle foto, come se la colpa del giornale comportasse l’ assoluzione per il governo: nessuno sembrò curarsi del fatto che, se le foto non erano autentiche, i fatti denunciati, invece, lo erano e come. Il premier britannico, Tony Blair, dichiarò di non aver mai visto i rapporti della Croce Rossa e di “Amnesty International”, inviati al ministero della Difesa nel maggio 2003; ma non rinunciò nemmeno ad una giustificazione cinica e razzista delle aberrazioni compiute a danno degli iracheni: “Fra noi è giusto osservare la legge, ma quando operiamo nella giungla dobbiamo osservare la legge della giungla” (Rainews24 del 10 maggio 2004).
Si diffusero voci su torture praticate anche da militari italiani, smentite dai comandi: “gli italiani non possono detenere prigionieri, quindi non possono aver commesso alcun tipo di abuso” affermò il generale Spagnuolo, spiegando che i soldati italiani consegnavano gli arrestati “immediatamente” o ai britannici o alla polizia irachena, secondo il tipo di imputazione. In ogni caso il governo italiano è sempre stato al corrente delle torture praticate dagli alleati; “Amnesty International” sollevò, infatti, la questione delle torture il 4 aprile 2003 col ministro degli Esteri, Frattini, e il successivo 18 giugno con il vice consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio, Scarante; dalla interrogazione parlamentare del successivo 3 luglio risultò che il ministero degli Esteri aveva approfondito le denunce di “Amnesty”, infatti, ad agosto “Amnesty” consegnò al ministero degli Esteri e al consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio, Castellaneta, un memorandum che conteneva vari racconti di torture. Il 19 maggio 2004 lo “specialista” dell’esercito Jeremy Sivits, il primo soldato americano che comparse dinanzi alla Corte marziale per rispondere delle torture ad Abu Ghraib (è il fotografo del gruppo dei 7 indagati), si dichiarò colpevole di maltrattamenti ai detenuti e di inosservanza dei propri doveri. Raccontò le violenze commesse dagli altri, si scusò con i prigionieri che avrebbe dovuto “difendere, non fotografare”, in sostanza accusò sé e gli altri commilitoni tentando di togliere le castagne dal fuoco ai comandi, l’intelligence e lo stesso governo.
Si attese una sentenza leggera, ma non ricompensata: fu condannato a 1 anno di carcere, declassato a soldato semplice e, a pena scontata, fu radiato dall’esercito. Non tutti gli indagati furono così accomodanti: l’avvocato del caporale Charles Graner affermò da subito che il suo assistito eseguì gli ordini dell’intelligence militare, e intese rilevarlo nel processo; il caporale, alla fine, fu condannato a dieci anni di carcere dalla Corte Marziale di Fort Hood, nel Texas. Il giudice lo riconobbe colpevole di 9 dei 10 capi d'accusa, incluso di aver abusato fisicamente e sessualmente dei detenuti iracheni. Fu inoltre radiato, “con disonore”, dall'esercito americano.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Bottazzi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Plurilinguismo e multiculturalità |
Relatore: | Andreina De Clementi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 148 |
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