Le donne nel sistema economico meridionale: problemi, politiche, opportunità
Madri-lavoratrici o lavoratrici-madri?
L’art. 37 della costituzione garantisce alla donna lavoratrice il diritto ad espletare la sua “essenziale funzione di madre”, ma non viene riconosciuto il diritto speculare, ossia il diritto delle donne-madri a essere anche delle lavoratrici. La maternità non è mai stata molto apprezzata, ma fin quando c’era un mondo del lavoro tutelato andava abbastanza bene; oggi nell’era della flessibilità, con tutti i vincoli che si sono allentati, conciliare il lavoro con la maternità è diventato più difficile. Sembra quasi che sia stata dichiarata una sorta di “guerra aperta” alla maternità; considerato quasi un diritto “eccessivo”, inconciliabile con gli interessi produttivi dell’impresa. Il problema coinvolge non solo i livelli più bassi, ma anche quadri e dirigenti. Lo studio della Banca d’Italia “Conciliare lavoro e famiglia in Italia: le decisioni lavorative delle neomadri dopo la nascita di un figlio” evidenzia come il 20% delle donne che lavorano lasci l’impiego dopo la nascita di un figlio, mentre appena il 4% inizi a lavorare dopo questo evento. Inoltre circa il 70% degli abbandoni dell’impiego, in questo periodo di tempo, sono imputabili a dimissioni volontarie.
Fra quelle che lasciano il lavoro infatti, il 48,5% lo ha fatto per stare più tempo con il figlio. Questo nonostante la legge italiana sulla maternità sia estremamente avanzata, ma nei fatti, avere un figlio oggi, nelle piccole fabbriche come negli uffici del terziario, può significare per la donna la rinuncia della carriera o peggio essere messa nella condizione di dover lasciare il posto di lavoro. Se la maternità è un valore, valorizzare anche economicamente la maternità deve essere logica conseguenza. È necessario riformare la politica a sostegno della maternità, per favorire la conciliazione tra carichi familiari e di lavoro. In Francia, le lavoratrici madri hanno diritto a due anni di contribuzione figurativa per ciascun figlio e fino a tre anni di congedo parentale. In Germania vengono riconosciuti periodi di contribuzione figurativa per la cura dei figli fino ai 10 anni di vita del bambino. In Spagna, invece, è previsto un sussidio per un anno di assenza dal lavoro fino ai tre anni di età del figlio. In Italia la legge n. 53 del 2000 ha introdotto lo strumento dei congedi parentali per uomini e donne in favore dei soli lavoratori dipendenti per un periodo complessivo fino a undici mesi, con una retribuzione pari all’80% dello stipendio.
Allineare la normativa italiana agli esempi dei principali paesi europei è non solo possibile, ma doveroso per superare ingiuste discriminazioni a danno dei lavoratori.
Secondo l'indagine Isfol "Maternità, lavoro e discriminazioni", in Italia il 13,5% delle donne esce dal mercato del lavoro a causa di discriminazioni subite al rientro dal periodo di maternità o per l'impossibilità di conciliare tempi di vita e di lavoro, in assenza di strutture sociali adeguate, o ancora per l'inadeguatezza del partner percepito come aiuto occasionale dal 41% delle intervistate. Mobbing in varie forme, esclusioni da progetti importanti, richiesta più o meno velata dai datori di lavoro di posticipare una gravidanza, comportamenti scorretti concorrono fortemente, secondo l'Isfol, a uscire dal mercato del lavoro. A perdere il posto dopo un figlio sono il 12% delle donne. Mentre il 15% di inoccupate prima della gravidanza non troverà mai più un lavoro a bambino nato. Per quanto riguarda la leadership al femminile, scarseggiano, nel nostro Paese, modelli femminili equilibrati di successo, nel campo del lavoro. Le donne più in vista nel nostro Paese, nella ricerca, nella politica, o nelle imprese, spesso non ha figli. Chi li ha, spesso è figlia degli imprenditori fondatori dell'azienda in cui lavora o ha pagato a caro prezzo la conciliazione tra carriera e famiglia. Tutti gli studi raccomandano più meritocrazia, flessibilità oraria e servizi sociali di sostegno alla famiglia per conciliare tempi di vita e di lavoro. Diversi studi americani dimostrano come, spesso, l'opt-out (“tirarsi indietro”) sia il prendere atto (più o meno consapevolmente) che si è gentilmente accompagnate verso l'uscita dal mercato del lavoro, in quanto le lavoratrici mamme sono considerate meno produttive di prima. In altri casi, invece, le donne citate negli studi si licenziano perché adibite a lavori che non le valorizzano appieno o perché "è questo che la società si aspetta da loro". Naturalmente, esiste anche una quota di ex lavoratrici consapevolmente felici di cambiare vita e fare le casalinghe, supportando piuttosto il marito nella sua carriera.
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Le donne nel sistema economico meridionale: problemi, politiche, opportunità
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Informazioni tesi
Autore: | Ylenia Agata Cogliandro |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Reggio Calabria |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze economiche |
Relatore: | Massimiliano Ferrara |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 153 |
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