La Presidenza Allende e la crisi democratica del Cile
La situazione nel periodo ’60 – ’70: la società e la politica
Qual è la situazione del Cile nel periodo di riferimento? Se nel capitolo precedente si è vista la storia e le tappe importanti della Repubblica del Cile e della sua costituzione, una delucidazione di come si arriva alle elezioni del 1970 è necessaria. In particolare tre aspetti, quali la società, la politica e i partiti hanno bisogno di essere analizzati.
Primo elemento da considerare, nella società cilena degli anni sessanta e settanta, era l'assenza di conflitti etnici, esattamente come oggi: se nei primi decenni postcoloniali era composta in maggioranza da amerindi, le ondate migratorie del XIX e XX secolo, con genti provenienti soprattutto da Irlanda, Francia, Regno Unito e stati slavi, ribaltarono la situazione e portarono la percentuale della minoranza indigena ad atte-starsi attorno al 4% del totale. Questa piccola parte di popolazione aveva da sempre messo radici prevalentemente nelle zone montane, difficilmente raggiungibili, mentre gli europei si erano da subito insediati nelle città e nelle zone costiere. La cultura che aveva ampiamente prevalso era quella occidentale, così come la politica e le istituzioni, tra le più somiglianti proprio a quelle dell'Europa. A livello religioso, il cattolicesimo si diffuse rapidamente anche per la decisa presenza di ispanici ed europei dell'area mediterranea in generale, diventando il culto di riferimento per oltre il 70% dei cileni. Bisogna quindi segnalare la mancanza assoluta di contrasti sociali determinati da motivazioni religiose. La fase di scontro con la parte di popolazione europea (spagnola), la quale aveva immediatamente e irrimediabilmente prevalso non solo in Cile, ma in tutte le Americhe, era menzionabile solamente nei manuali di storia. Solo tra i partiti politici, come si vedrà più avanti, salterà fuori la questione religiosa, legata a motivi particolari. Il fermento sociale in Cile agli inizi della seconda metà del XX secolo, derivava piuttosto dai cambiamenti che intercorrevano anche nel resto degli altri paesi occidentali in quel periodo, sia quelli storici che quelli economici, riscontrabili su due livelli comuni-canti tra loro.
A un livello interno, si potevano osservare diversi fenomeni: il primo era rappresentato dal boom economico e dalla rapida industrializzazione di quello che era un paese a sviluppo medio, con la formazione dei soliti squilibri nella distribuzione della ricchezza, tra fasce sociali, tra regioni e tra zone urbane e zone rurali; il secondo fenomeno stava nel fatto che con l'ingresso e la diffusione dei mezzi di comunicazione (soprattutto i giornali e le radio, ma anche la televisione, che in Cile era gestita dalle università) si portava a conoscenza dei cittadini i problemi che attraversavano il paese; il terzo elemento riscontrabile era l'organizzazione di gruppi in rappresentanza dei diversi attori del sistema produttivo, con propri movimenti e il loro schieramento legati a gruppi e partiti politici di riferimento; ultimo ma non meno importante, l'incontenibile crescita demografica e la richiesta di accesso ai servizi e diritti sociali come istruzione e sanità. Tutti questi fattori endogeni furono chiaramente importanti per l'evoluzione sociale del Cile.
A un livello estero, altri avvenimenti si succedevano contaminando tutto il globo: la corsa alle materie prime per sostenere il boom economico avviatosi nel dopoguerra e proseguito per tutti gli anni sessanta, necessario a non rendere vano l'annesso processo di industrializzazione; lo scontro economico e ideologico tra le due grandi potenze era destinato ad accaparrarsi le risorse appena menzionate; la sfida sempre tra potenze che misuravano le rispettive forze con interventi in stati di loro influenza affinché tali rimanessero, o in altri perché lo diventassero; infine la rivolta delle colonie e la nascita degli stati indipendenti, che imprimevano un colpo mortale all'imperialismo. In America latina lo scontro tra Usa e Urss era appena all'inizio perché, caso Cuba a parte, le prime agitazioni e l'organizzazione di movimenti armati consistenti, avevano avuto un peso maggiore dopo la metà degli anni sessanta. Anche il Cile, in ragione di questi avvenimenti esterni, si sarebbe dovuto comportare di conseguenza. La sua azione era ininfluente per ciò che accadeva all'esterno del suo territorio, ma in campo interno era necessario prendere dei provvedimenti.
Sulla base del cambiamento portato dallo sviluppo economico, la società cilena era articolata in numerose associazioni rappresentanti tutte le classi, mediante le quali il popolo partecipava alle istituzioni democratiche e alla spartizione delle risorse. Ne sono un esempio la Confederazione delle Associazioni Professionali, la Società per la Crescita Industriale (SOFOFA), facente capo agli industriali e alle attività produttive in generale e la Central Unica de Trabajadores (CUT), il sindacato unificato dei lavoratori. La presenza statale in economia era tra le più forti dell'America Latina, visto che la percentuale di investimenti pubblici era circa il 50% del totale, le imprese pubbliche producevano il 14% del Pil e davano lavoro al 13% della popolazione. Lo stato inoltre partecipava con azioni (attraverso l'ente CORFO) nella maggior parte delle imprese private cilene, esercitando quindi un grado di controllo elevato anche sul settore privato. Stare al governo non era dunque cosa da poco, visto che chi stava a capo dell'Amministrazione Pubblica, poteva controllare non solo l'aspetto politico, ma anche quello economico e sociale del Cile.
Il sistema istituzionale prevedeva la presenza di un unico organo a garanzia dei cittadini, quale era la Contraloría, detentore dell'importante compito di censore del governo e dell'Amministrazione. Quest'organo posto al controllo degli atti governativi, spesso entrava in contrasto con le decisioni dell'esecutivo. Perché quest'ultimo non si facesse sottomettere e poiché i funzionari della Contraloría non erano sostituibili dai governi (quindi la loro non era una nomina fiduciaria), il governo era spesso costretto a creare nuovi enti in caso di prefiggimento di nuovi o divergenti obiettivi, eludendo il potere dell'organo. Questa soluzione provocava un accavallamento inutile di enti e competenze che sfociavano in scontro tra amministrazioni al momento della spartizione dei fondi predisposti dal bilancio statale. Una delle cause della pervasività del settore pubblico cileno era dovuta anche a questo fatto. Come nei più classici esempi di "circolo vizioso", una presenza così ingombrante dello stato, destava una forte appetibilità da parte dei partiti verso i posti di comando, o di influenza, degli enti e dell'amministrazione, con personale di propria fiducia che a sua volta, attraverso pratiche clientelari, avrebbe portato anche un certo numero di elettori e risorse. Lo stesso metodo era utilizzato dalle organizzazioni private, le quali cercavano di inserire degli uomini di comodo, presidenti, amministratori di società ecc.: vicini al governo se intendevano chiedere dei favori, all'opposizione se pensavano di dare battaglia allo stesso. Molto della vita dell'esecutivo dipendeva dal soddisfacimento o meno delle richieste che arrivavano da comunità, gruppi economici e privati cittadini.
La presidenza della Repubblica era pertanto impegnata, durante la sua legislatura, alla risoluzione di queste situazioni orientate più a progetti di breve periodo (e necessarie per la sua sopravvivenza), che a una pianificazione più lungimirante (necessaria al futuro del Cile).
Tutta l'economia cilena soffriva di questa situazione e produceva, oltre alle sperequazioni reddituali, si registravano indici di inflazione elevati, che negli anni sessanta aveva tenuto una media del 25%, con punte del 46%. Lo stato, pur decidendo i prezzi dei beni di prima necessità e salari per i lavoratori, non riusciva a porvi freno. Il tasso di incremento del Pil invece rimaneva molto basso. Per recuperare la perdita dei salari reali, il Cile era attraversato da scioperi durante tutto l'anno, e l'approvazione dei bilanci degli enti di stato non serviva a calmare le acque.
La divisione all'interno della società, sempre più forte alla fine degli anni cinquanta e per tutti i sessanta, provocava una polarizzazione ideologica della politica che fatta propria dai partiti, da un certo momento in poi, inasprì la competizione tra gli stessi come se fossero in una corsa a eliminazione. I tentativi di riduzione del malcontento generale, fatti in extremis da Frei, alla presidenza dal '64, furono quelli di riconoscere la creazione del sindacato unificato CUT (molto vicino agli ambienti della sinistra) e trattare con questo i provvedimenti in materia di lavoro, di preparare la riforma agraria per le zone rurali e di effettuare una redistribuzione della spesa sociale, secondo il programma della "Rivoluzione in libertà" del suo partito. In aggiunta promosse le modifiche costituzionali di accentramento dei poteri del Presidente, al fine di assicurarsi che la situazione non sfuggisse di mano al governo . Nonostante queste misure adottate da Frei, la presa di coscienza della politica e delle istituzioni verso i cambiamenti, e il conseguente riadattamento dell'atteggiamento su questi è stato ritardatario, miope, incompleto o renitente, legato alla paura di sconvolgere gli equilibri politici, economici e sociali42 dello stato. Le istituzioni compressero per troppo tempo le spinte della società, facendo in modo che a un certo punto, non essendo più possibile controllarne il corso, esplodessero con tutto il sistema. A tutti i livelli elettorali, crebbero la mobilitazione e la partecipazione dei cittadini alla politica, con il centro chiamato a svolgere il compito di ago della bilancia, tra i conservatori indeboliti e una sinistra in crescita.
Come ha notato Sartori e come si vedrà nel paragrafo sul sistema partitico, un caso come quello cileno (dove destra e sinistra riuscivano a catturare una base elettorale di non poco conto), originava spesso un sistema centrifugo, provocando fratture sociali (e politiche) più gravi. Da questo sistema non derivava solitamente alcun incentivo allo spontaneo formarsi di elementi centristi o alla formazione di ideologie ed elettorati di centro che moderassero lo scontro. Ciò non significa che in Cile non vi fosse un centro o che non si sia formato, ancor meno che non fosse importante .
Più che altro il centro e i suoi partiti erano composti di elementi sentitisi esclusi dagli schieramenti della destra e della sinistra, per forza di cose convogliati nel mezzo. Un termine che possa rendere l'idea è quel fenomeno marino dei moti ondosi chiamato "risacca": rapportato a un ideale mare elettorale e prima ancora ideologico, corrisponderebbe a quella parte di onda che, andando a infrangersi su due "coste ideologiche" estreme, non si riconoscerà né con la destra né con la sinistra e ritornerà indietro (al centro). Non a caso, come si noterà, l'evoluzione dei partiti e del sistema in Cile, ha sempre portato a una polarizzazione partitica, seguita poi dalla nascita di una formazione centrista di grossa importanza.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La Presidenza Allende e la crisi democratica del Cile
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Informazioni tesi
Autore: | Antonangelo Mura |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Fulvio Venturino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 122 |
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