Un'eredità scomoda: dall'epurazione alla legge di Amnistia (1943-1948)
Il sanguinoso epilogo della RSI e l’epurazione “selvaggia”
Nella quarta settimana d'aprile, ad un segnale del Clnai, centinaia di migliaia di operai e contadini incrociarono le braccia in tutte le più grandi città del nord. Poi, anche nei villaggi più sperduti, cominciò l'insurrezione, mentre le truppe alleate avanzavano ormai senza incontrare grande opposizione. Era giunto l'epilogo della RSI.
Gli Alleati, al loro arrivo, trovarono molte città già liberate, mentre lo stesso Mussolini, insieme a molti Ministri e alti dirigenti fascisti, erano già stati passati per le armi.
Il furore popolare che accompagnò le esecuzioni del Duce e degli altri esponenti repubblichini, e le vessazioni cui furono soggetti i cadaveri da parte della gente comune sembrarono, per buona parte, la naturale manifestazione dell'odio accumulato dalla popolazione in vent'anni di dittatura.
Lo storico tedesco Hans Woller spiega la decisione dei partigiani di fucilare immediatamente il Duce, piuttosto che consegnarlo agli Alleati, come una scelta finalizzata ad evitare un vero e proprio “processo al fascismo”. Tale processo, sempre secondo lo storico tedesco, avrebbe potuto far emergere molte verità scomode sul sostanziale consenso di cui aveva goduto il regime da parte della maggioranza della società civile, quella stessa società civile che ora stava lentamente reintegrandosi nei grandi partiti di massa democratici.
Dunque, per ottenere un “taglio netto con un passato di vergogna e di delitti”, era preferibile occultare il passato fascista piuttosto che fare apertamente i conti con esso.
Questa interpretazione non trova tuttavia alcun riscontro negli studi condotti dagli storici italiani che, basandosi sulle testimonianze dei protagonisti di eventi come quelli di Piazzale Loreto, sostengono piuttosto che tale decisione fosse stata presa dai comandanti partigiani a causa del timore che gli Alleati, anche in virtù degli storici rapporti di stima intercorsi tra Mussolini e Churchill, non intendessero realmente mettere sotto processo il Duce.
Tra l'aprile e il maggio 1945 le città dell'Italia settentrionale erano in mano ai partigiani, poiché le direttive che adottarono gli Alleati furono di dare “carta bianca” prima della liberazione per poi ristabilire la legalità subito dopo.
Il Clnai, prefigurando questo scenario, si era preparato da tempo alla presa del potere, mettendo in piedi un apparato burocratico-amministrativo che sarebbe dovuto entrare in funzione subito dopo la liberazione, e che di fatto funzionò abbastanza bene; ma non per questo la situazione, sotto il profilo dell'ordine pubblico, fu tenuta sotto controllo.
Per poter avere un‟idea di quale potesse essere la carica di odio accumulata dalla popolazione verso i repubblichini a nord, può essere utile prendere in esame quelli che furono i numeri delle stragi e della repressione nazifascista prima della liberazione, che ammontavano a 9.903 vittime e 4.596 condanne inflitte dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato, per un totale di 27.735 anni di carcere.
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Un'eredità scomoda: dall'epurazione alla legge di Amnistia (1943-1948)
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Informazioni tesi
Autore: | Adriano Manna |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi Roma Tre |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Stefania Bartoloni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 61 |
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