Il sistema produttivo italiano e il rapporto banca-impresa durante la crisi
Le imprese italiane durante la crisi
Gli effetti della crisi finanziaria che nel corso del 2008 hanno interessato lo scenario economico mondiale, si sono rapidamente trasmessi all’economia reale, prospettando un lungo cammino per la ripresa. Il prolungarsi e l’acuirsi della crisi dei mercati immobiliari hanno determinato forti squilibri nei meccanismi finanziari che, a loro volta, hanno dato luogo sia a difficoltà alle imprese per l’accesso al credito, sia alle famiglie, le quali, vista la criticità della situazione, hanno aumentato il risparmio e contratto la spesa, con conseguenze negative soprattutto sui consumi.
La trasmissione della crisi all’industria mondiale, che ha colpito Paesi sempre più interconnessi internazionalmente nelle lavorazioni, è stata resa più veloce e violenta dalla contemporanea chiusura dei canali di finanziamento al commercio mondiale e dal contagio di incertezza che i mezzi di comunicazione hanno diffuso in tempo reale. L’Italia, similmente agli altri Paesi avanzati, ha risentito del crollo della domanda mondiale in modo intenso e immediato, in particolare le caratteristiche del sistema produttivo italiano, le sue antiche debolezze e i numerosi sforzi di modernizzazione e ristrutturazione, hanno determinato un impatto fortemente negativo sul Paese, che, nel corso del 2008, ha portato la grande maggioranza delle imprese ad un rapido e netto peggioramento. Nella fase più acuta della crisi – tra l’ottobre del 2008 e il marzo del 2009 – il fatturato di quest’ultime è diminuito in media di quasi il 20% nell’industria e del 14% nel terziario (Bugamelli, Cristadoro, Zevi, 2009).
Le aziende che nei primi anni del Duemila avevano avviato un processo di ristrutturazione hanno saputo reggere nel miglior modo all’urto della crisi, riportando risultati meno deludenti in termini di fatturato, occupazione e investimenti, ed inoltre prospettando effetti meno pesanti sulla propria attività nell’immediato futuro. La dinamica congiunturale si è concretizzata innanzitutto attraverso un forte calo della domanda sui mercati internazionali, costringendo le imprese a contenere i costi di produzione e a comprimere i margini di profitto. Alternativamente in numerosi casi sono state adottate strategie di diversificazione dei settori di destinazione dei beni, puntando su nicchie di mercato più stabili, caratterizzate da un’elevata varietà e qualità dei prodotti, oppure direzionando le vendite verso economie emergenti, come Cina e Paesi arabi. Soltanto alcune tra le imprese di grandi dimensioni hanno preso in considerazione la possibilità di delocalizzare i propri impianti produttivi all’estero. Le imprese che sono state colpite con maggior forza si identificano in quelle di più piccole dimensioni, caratterizzate da ridotto potere di mercato e minori margini di flessibilità, ed inoltre quelle esportatrici, che si sono trovate a contrastare una caduta eccezionale della domanda mondiale. I principali motivi della difficoltà di tali imprese sono dovuti in primo luogo, alla riduzione dei rapporti di subfornitura con le grandi imprese committenti, allo scopo di contenere i costi di produzione e azzerare gli effetti del rischio del calo di domanda. Inoltre le banche hanno inasprito le condizioni di credito per tutelarsi da una sempre più presente difficoltà di monitoraggio. Alla flessione delle vendite e degli ordini si è aggiunto un ulteriore fattore legato a problemi di liquidità, i quali sono derivati sia dalla restrizione del credito, soprattutto di quello a breve termine necessario per gestire gli scompensi di cassa, sia dalle difficoltà di pagamento dei clienti e dei committenti. Tale meccanismo ha contribuito ad estendere gli effetti della crisi anche alle aziende meno aperte al commercio con l’estero. A seguito dello sviluppo della situazione analizzata precedentemente, i dirigenti, con l’obiettivo di evitare la cessazione del rapporto con i lavoratori, hanno fatto ricorso a vari strumenti, come ferie forzate, Cassa Integrazione Guadagni e in alcuni casi all’uscita anticipata di persone prossime al pensionamento.