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Passato e presente dell'emigrazione italiana

Fuga di cervelli dall'Italia

Quella chiamata emigrazione culturale o “fuga dei cervelli” (in inglese brain drain) rappresenta la forma moderna e prevalente di emigrazione dal nostro paese. E’ un fenomeno sempre più sviluppato consistente nell’emigrazione verso paesi stranieri di professionisti, persone altamente specializzate e con un livello culturale più elevato rispetto al passato, generalmente in seguito all’offerta di condizioni migliori di paga o di vita (Di Giorgio, 2003). I maggiori protagonisti di questa migrazione sono giovani neolaureati e neodottorati che vanno a lavorare in università e centri di ricerca esteri (Pugliese, 2002).
In sé potrebbe anche non essere un fenomeno negativo, purché il saldo tra gli studiosi che lasciano il paese e quelli che vi fanno ritorno non sia in difetto (Greco). In Italia purtroppo non siamo ne in presenza di uno scambio di cervelli (brain exchange) ne tantomeno di una circolazione di cervelli (brain circulation). Il fenomeno che invece si manifesta sistematicamente nel nostro paese è una vera e propria fuga, in cui le proporzioni si stanno aggravando anno dopo anno fino a divenire una vera perdita di un’intera generazione di giovani ricercatori e studiosi (Di Giorgio, 2003).

L’Italia, infatti, “esporta cervelli” gratuitamente senza che il flusso in uscita di scienziati e studiosi venga equilibrato con adeguati e proporzionati flussi in entrata (Greco). Questo nuova forma di emigrazione è causata anche e soprattutto dal fatto che nel nostro paese la ricerca sia malgestita e sottofinanziata, tanto che tale fuga di cervelli viene vista come il principale sintomo del male che affligge il sistema della ricerca in un paese, intesa non solo come ricerca scientifica in generale ma anche come capacità d’innovazione (Di Giorgio, 2003). I giovani ricercatori trovano più facilmente un’occupazione nei centri e nelle università straniere dove, per di più, sono maggiormente tutelati e remunerati e dove hanno più prospettive di ricerca, crescita professionale ed inserimento nel mondo del lavoro.

La fuga dei cervelli non è però un fenomeno che riguarda solamente la ricerca, ma comprende giovani laureati e persone con un alto livello culturale che intendono entrare nel mondo del lavoro e che non hanno in Italia la possibilità di trovare occupazioni adatte alle loro capacità e agli studi effettuati, con minori prospettive di crescita professionale ed economica (Greco). Ma, nonostante ciò, le aspirazioni dei nostri connazionali sono spesso state tradite dalla necessità, anche all’estero, di adattarsi ad occupazioni inferiori rispetto alla qualifica ottenuta in patria (La Voce, 2008).
Un importante dato è emerso da studi condotti dall’Ocse e dalla Fondazione Migrantes, riguardante il fatto che oggi, diversamente da quanto accaduto in passato, siano soprattutto i giovani studenti o laureati ad abbandonare il nostro paese. Alla base di tali scelte individuali stanno quindi lo studio, tanto che l’Italia risulta il paese da cui proviene il maggior numero di iscritti ad università straniere, e la ricerca di opportunità occupazionali adeguate al livello d’istruzione conseguito (Ocse, 2007; Fondazione Migrantes, 2006). Elaborazioni dati dell’Organization for Economic Cooperation and Development (OECD) hanno stimato che negli anni tra il 1996 e il 1999 i laureati che lasciarono il nostro Paese sono stati 12.000. Nel 2000 il tasso di emigrazione dei laureati fu del 7% (Beltrame, 2007).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Passato e presente dell'emigrazione italiana

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Monticelli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Organizzazione e risorse umane
  Relatore: Roberto Impicciatore
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 57

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