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L'abuso di posizione dominante mediante prezzi predatori

I prezzi predatori: il problema

Il contributo delle scuole di Chicago e di Harvard e le relative critiche
Tra le diverse modalità mediante le quali un’impresa può abusare della propria posizione dominante, focalizziamo la nostra attenzione sulla casistica dei “prezzi predatori”.

L’origine della denominazione della fattispecie qui trattata, discende dalla considerazione di un comportamento posto in essere da un’impresa, il quale sia unilaterale, strategico e contrario alle norme del diritto antitrust: lo stesso viene infatti detto “anticoncorrenziale, escludente o, mutuando dalla biologia, predatorio”.

Ed è tale pertanto ogni comportamento volto ad escludere i concorrenti dal mercato, al fine di monopolizzarlo in maniera artificiale o al fine della conservazione (sempre nella stessa maniera) del monopolio già conquistato, attraverso la costante vendita sotto costo dei propri beni e/o servizi offerti, costringendo così i concorrenti attuali o potenziali all’abbandono del mercato, facendo pertanto leva sulla loro minore capacità finanziaria.

Prima problematica è riscontrabile allora nell’individuazione di quei comportamenti, appunto unilaterali, che determinino il passaggio da una concorrenza sul merito, e quindi, assolutamente legale, ad una “patologica” predatoria vietata.

Il dibattito sulla materia prende inizio negli Stati Uniti, nel corso degli anni ’50. Mentre da un lato si cercava di capire se l’uso dei prezzi predatori fosse effettivamente un efficace strumento di monopolizzazione del mercato, e conseguentemente, se quella dei prezzi predatori fosse poi una pratica realmente esistente, dall’altro si apriva una vasta area di indagine, presupponendo positività della prima questione.

I prezzi predatori nella scuola di Chicago
Fondamentale è il contributo della Scuola di Chicago, il cui fondatore, Aaron Director14, elabora una tesi secondo la quale, in un mondo di agenti razionali, i prezzi predatori non hanno ragione di esistere Si tratta di una tesi ovviamente sconvolgente, in quanto mette in dubbio l’esistenza e la fondatezza dell’argomento e della relativa problematica sulla quale iniziano a cimentarsi illustri economisti e giuseconomisti del periodo.

Partendo dalla supposizione dello stesso Director, sviluppa un quadro teorico J. S. McGee, il quale, per la prima volta, confronta tali risultati teorici con i dati empirici emersi nell’ambito di un noto caso giudiziale avvenuto in precedenza. L’elaborato di McGee è concettualmente semplice ma allo stesso tempo, per le conclusioni che raggiunge, ha un’importanza fondamentale; provvede infatti alla creazione di un modello teorico generale, alla formulazione della tesi di irrazionalità dei prezzi predatori ed alla verifica empirica della stessa.

L’irrazionalità di cui tratta McGee deriva dal confronto della pratica in oggetto con la pratica dell’acquisizione, da parte dell’impresa dominante, del rivale concorrente; rispetto a questa, i prezzi predatori, sarebbero assolutamente antieconomici: annientare i rivali in questo modo, comporterebbe infatti la sopportazione di un lungo periodo di ingenti perdite finanziarie.

Non solo; lo stesso McGee pone l’accento sul fatto che, praticare prezzi predatori, ovvero, inferiori ai costi totali, ma comunque superiori ai costi variabili medi, potrebbe far prolungare il periodo di attuazione eccessivamente; non si riscontrerebbe quindi neanche una contropartita immediata, dovendosi attuare, affinché la pratica sia “efficace”, prezzi inferiori anche ai suddetti costi medi variabili.

Le imprese colpite da tale pratica, sempre secondo quanto argomentato dall’economista, potrebbero anzi sfruttare la situazione a proprio vantaggio: potrebbero infatti sospendere la loro attività durante il periodo di attuazione della pratica e riprenderla successivamente, non appena il predatore, convinto di aver portato a termine il suo piano, cominciasse a praticare sul mercato i prezzi “monopolistici” (sfruttandone la relativa rendita), o quanto meno, i prezzi desiderati; in questo modo lo stesso si troverebbe però in una condizione per la quale le sue risorse finanziare sono state fortemente usurate e le imprese obiettivo della predazione rientrerebbero in lotta con un sicuro vantaggio rispetto al periodo antecedente proprio l’attuazione della pratica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'abuso di posizione dominante mediante prezzi predatori

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Temperini
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia professione e lavoro
  Relatore: Umberto Morera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 77

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