Il concorso esterno all'associazione mafiosa
Concorso esterno semplice e concorso esterno qualificato: i delitti commessi da estranei con il fine di agevolare l'associazione mafiosa secondo i parametri della sentenza Mannino 2005
La circostanza aggravante «dell'agevolazione mafiosa», prevista dall'art. 7 del decreto legge n. 152 del 1991, determina un aggravamento di pena per qualsiasi delitto (punibile con pena diversa dall'ergastolo) commesso per agevolare l'attività di un'associazione mafiosa. Essa è applicabile sia ai delitti ricadenti nel programma del sodalizio mafioso, e quindi commessi dai relativi componenti, sia ai delitti commessi da soggetti che agiscono al fine di «agevolare », appunto, l'attività di un'associazione mafiosa pur restandone estranei.
La nozione di «agevolazione» può assumere, nel sistema del nostro codice penale, due valenze e due aspetti distinti: da un lato, infatti, essa costituisce una nozione tradizionalmente riferita ad una tipologia specifica di contributi riconducibile all'ambito del concorso di persone nel reato (il concorrente in un omicidio volontario che «agevola» l'esecutore materiale procurandogli l'arma); d'altro lato essa ricorre anche in talune ipotesi di autonomi reati di agevolazione ontologicamente distinti dal reato «agevolato» (l'autore del reato di procurata evasione ex art. 386 c.p. che «agevola» il distinto reato di evasione ex art. 385 c.p.).
Da questa non univocità della nozione di «agevolazione» è possibile desumere che, relativamente all'art. 7 del D.L. 152/1991, ove tale nozione viene invece ad assumere un terzo aspetto, integrando una circostanza aggravante articolata in termini di dolo specifico, si dovrà valutare volta per volta se l'agevolazione arrecata al sodalizio mafioso attraverso un delitto specifico sia tale da comportare anche un concorso esterno nel reato associativo «agevolato », oltre che un aggravamento del delitto «agevolatore», o se essa sia invece tale da comportare esclusivamente quest'ultima conseguenza.
In un'ottica non molto dissimile, l'aggravante in argomento si applica, senza che da ciò debba derivare la configurabilità di una partecipazione «interna» al reato associativo, a delitti commessi da soggetti che, mossi prevalentemente da finalità loro proprie, agiscono anche con la consapevolezza e la volontà di agevolare l'attività di un sodalizio mafioso pur restandone estranei. Rilevano due situazioni specifiche di tal tipo.
La prima è quella attinente al rapporto tra il sodalizio mafioso e l'eventuale sodalizio «subordinato» attivo nel campo degli stupefacenti, laddove i membri dell'uno coincidano solo in parte con i membri dell'altro.
[…]
La seconda situazione è quella attinente al pubblico ufficiale che, anche qui in via estemporanea, si lasci corrompere da esponenti mafiosi. Il pubblico ufficiale corrotto, nella misura in cui la sua condotta non sia altrimenti (aliunde) configurabile come condotta di partecipazione al reato associativo mafioso, risponderà del rispettivo reato contro la pubblica amministrazione aggravato ai sensi dell'art. 7 del decreto legge n. 152 del 1991, trattandosi comunque di reato commesso «al fine di agevolare l'attività» di un sodalizio mafioso. La qual cosa, in sé e per sé, non sarà tale da trasformare necessariamente il soggetto agente, almeno quando egli agisca prevalentemente per un movente autonomo di interesse personale, in un membro del sodalizio agevolato. Sempre che la sua condotta non cessi di essere estemporanea, non assuma significatività in termini di affectio societatis, e non si trasformi in un apprezzabile contributo alla vita dell'ente sì da trasformare a sua volta il soggetto in un referente abituale organico al sodalizio e, quindi, in un «membro di fatto» del medesimo.
[…]
È il caso di sottolineare che i parametri per stabilire questo discrimine sono stati chiaramente forniti dalla sentenza Mannino del 2005 e costituiscono ormai un punto fermo ineludibile…
Fatta questa premessa, e dando per scontato che nel comportamento di chi commette il delitto agevolatore non sia ravvisabile alcuna condotta di partecipazione interna al reato associativo si possono distinguere situazioni differenti.
La prima situazione rileva ove il delitto agevolatore, pur commesso al fine di agevolare il sodalizio mafioso, non integra quel contributo «alla conservazione o al rafforzamento» dell'ente associativo che è necessario perché sia configurabile il concorso esterno: in questo caso l'autore risponderà soltanto del delitto agevolatore con l'aggravante di cui all’art. 7 citato.
Caso emblematico è quello cui del politico colluso che ha stipulato un patto elettorale politico-mafioso con il sodalizio quando non siano ancora ravvisabili, secondo i parametri della sentenza Mannino, gli estremi del contributo richiesto perché possa ravvisarsi il concorso esterno. In questo caso potranno configurarsi, a carico dell'uomo politico, soltanto i due reati di corruzione elettorale e di coercizione elettorale, con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa.
Altro caso emblematico è quello del pubblico ufficiale che si è lasciato corrompere da esponenti mafiosi per avvantaggiare il sodalizio con un atto contrario ai doveri di ufficio. È evidente che, a norma dell'art. 319 c.p., il reato di corruzione del pubblico ufficiale si perfeziona già nel momento in cui il soggetto agente «riceve» denaro od altra utilità o «ne accetta la promessa»; e da quel momento è ravvisabile anche l'aggravante dell'agevolazione mafiosa.
Ma il concorso esterno del pubblico ufficiale nel reato associativo mafioso sarà configurabile solo se e quando il contributo alla vita dell'ente fosse ravvisabile secondo i parametri fissati dalla sentenza Mannino. Lo stesso dicasi del reato di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), prodromico rispetto al tema del cosiddetto «aggiustamento» dei processi di mafia.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il concorso esterno all'associazione mafiosa
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Izzo |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Seconda Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gennaro De Francesco |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 180 |
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