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Obblighi internazionali e vincoli comunitari. L'art. 117, I della Costituzione alla luce del principio di supremazia del Parlamento

Le antinomie tra leggi interne e diritto comunitario nella giurisprudenza costituzionale anteriore alla novella

La condivisione dei medesimi ambiti personale e territoriale da parte di due auto nome potestà normative, quantunque in presenza di un riparto di competenze predeterminato, rende sempre attuale il rischio che una medesima fattispecie concreta risulti qualificata in modo antitetico. I rapporti tra Unione europea e Stati membri sono, per tale motivo, segnati da una tensione permanente fra i rispettivi ordinamenti.
I regolamenti comunitari entrano a far parte dell’ordinamento interno senz’alcuna interposizione e si pongono in diretta concorrenza con gli atti normativi interni: in parti colare, con le fonti di rango pari a quello della disposizione che, recependo il Trattato sul funzionamento dell’Unione, legittima in ambito nazionale l’applicazione immediata dei regolamenti stessi. In mancanza di speciali coperture costituzionali, pertanto, i rapporti tra norme comunitarie immediatamente applicabili e leggi nazionali sarebbero governati dal comune criterio cronologico. Non può dirsi altrettanto, invece, per gli altri atti normativi comunitari, i quali, quand’anche godano di efficacia diretta, restano formalmente vigenti nel solo ordinamento europeo.

L’impiego del criterio cronologico diviene, d’altra parte, meramente residuale allorché da specifiche clausole costituzionali quale l’art. 11 Cost., interpretato in funzione imperativa come norma sulla produzione incidente sulla validità della produzione legislativa – si ricavi una speciale copertura che conferisca al diritto comunitario forza passiva tale da sottrarlo alla concorrenza con la legislazione nazionale, in applicazione del criterio gerarchico. Simili sviluppi creano, peraltro, ulteriori fattori di tensione giacché, accentrando nelle giurisdizioni costituzionali la risoluzione delle antinomie, ostacolano la produzione di effetti diretti da parte del diritto comunitario.

Per dare autonoma cogenza al diritto comunitario al di là della copertura costituzionale che esso possa vantare a livello nazionale, la Corte di giustizia ha elaborato il principio del primato, che non senza difficoltà è poi riuscita ad imporre alle stesse giurisdizioni costituzionali degli Stati membri. Malgrado l’ambiguità di taluna statuizione della Corte, e a prescindere dalla configurazione in senso monista o dualista dei rapporti ordinamentali, è opinione condivisa che tale principio si limiti ad imporre la preferente applicazione delle norme comunitarie su quelle nazionali, impregiudicata ogni questione di validità di queste ultime: il primato opererebbe, cioè, tra norme che rispondono a distinti parametri di validità, disponendo la prevalenza dell’una sull’altra solo al momento dell’applicazione concreta .
Così, a fronte di una normativa nazionale in compatibile, lungi dal poterne dichiarare l’invalidità, la Corte di Giustizia può solo sanzionare lo Stato membro per inosservanza degli obblighi derivanti dal Trattato.

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Obblighi internazionali e vincoli comunitari. L'art. 117, I della Costituzione alla luce del principio di supremazia del Parlamento

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Andretto
  Tipo: Tesi di Dottorato
Dottorato in Diritto Costituzionale Italiano ed Europeo
Anno: 2010
Docente/Relatore: Maurizio Pedrazza Gorlero
Correlatore: Francisco JavierPérez RoyoPaoloCavaleri
Istituito da: Università degli Studi di Verona
Dipartimento: Scienze Giuridiche
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 339

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