Autopsia Psicologica: discriminazione della causa di morte

7 Nell'ambito delle indagini concernenti decessi violenti, è possibile ricondurre tali eventi fondamentalmente a tre cause: il suicidio, l'omicidio o l'incidente. Poiché talvolta si verifica l'incertezza o sorgono dubbi riguardo all'intenzionalità del gesto suicida o alla genuinità di un incidente in questione, diviene essenziale servirsi di metodologie e strategie atte a investigare più a fondo l'accaduto. L'autopsia psicologica rappresenta una di queste metodologie ed è oggi uno dei principali strumenti di consulenza psicologica nei casi di morte violenta. Essa si profila come un approccio investigativo volto ad analizzare gli aspetti psicologici, comportamentali e relazionali del soggetto deceduto, con l'intento di rivelare le dinamiche che hanno condotto al tragico epilogo. Nel contesto dei decessi violenti, la distinzione cruciale da compiere è tra suicidio e omicidio, con lo scopo di stabilire se si tratti di un atto intenzionale messo in atto dall'individuo o di un reato commesso da altri. La diagnosi differenziale tra suicidio e omicidio costituisce un intricato e delicato processo, necessitante una profonda comprensione della psicopatologia e delle dinamiche relazionali che possono concludersi con tali esiti. Il cardine primario di questa analisi post-mortem consiste nel raccogliere dati strettamente inerenti al soggetto deceduto, col proposito di tratteggiare un profilo psicologico del medesimo e ricostruirne lo stato mentale pre-decesso. Questo processo coinvolge l'utilizzo di interviste strutturate rivolte a parenti, amici e colleghi di lavoro, al fine di valutare come e quali circostanze specifiche abbiano potuto influenzare gli eventi che hanno condotto alla morte. Tali dati possono essere integrati con le informazioni desunte dalle cartelle cliniche, le quali documentano il percorso fisico e psicologico del soggetto deceduto, INTRODUZIONE