La solitudine degli intellettuali nella DDR. Su ''Vita di Gundling'' di Heiner Müller e ''In nessun luogo'' di Christa Wolf

Il presente lavoro intende analizzare due opere di due grandi autori del secolo scorso che hanno segnato la storia della letteratura tedesca ed europea: Heiner Müller e Christa Wolf. La lente attraverso la quale tale analisi procede è quella dell’articolato contesto sociale e politico nel quale i due autori scelsero di vivere e di pubblicare le loro opere.
Nel primo capitolo si procede dapprima alla enucleazione dei tratti principali della poetica caratterizzante la drammaturgia mülleriana. Successivamente, l’opera Leben Gundlings Friedrich von Preußen Lessings Schlaf Traum Schrei (Vita di Gundling Federico di Prussia sonno sogno grido di Lessing) viene sottoposta ad un’accurata analisi dell’opera e i rimandi al contesto sociale dell’epoca in cui l’opera venne pubblicata. Si suggerisce, poi, una lettura dei delicati rapporti coltivati dall’autore con la sfera politica della DDR. Il secondo capitolo, invece, è dedicato alla produzione letteraria della scrittrice Christa Wolf. Anch’esso, in maniera speculare rispetto al precedente capitolo, si apre con una disamina dei tratti caratteristici della poetica dell’autrice, per poi lasciare spazio alla trattazione circa l’opera Kein Ort. Nirgends (In nessun luogo. Da nessuna parte). L’ultima parte del capitolo si occupa di approfondire la natura controversa e tormentata del rapporto che Christa Wolf ha avuto con l’autorità e con il potere socialista all’epoca della DDR, il cui apice è rappresentato dal 1976, anno in cui venne negata la cittadinanza a Wolf Biermann, autore e cantautore satirico della Germania orientale.
Infine, l’ultimo capitolo della presente trattazione si concentra sugli elementi che i due autori condividono e, in particolar modo, sulla centralità riconosciuta da entrambi gli scrittori a temi quali la memoria, il ricordo, la storia della Germania. Queste riflessioni condurranno Müller e Wolf ad intraprendere il tentativo di individuare una “terza via”, un itinerario sociopolitico radicalmente alternativo rispetto al paradigma capitalista di stampo occidentale, in grado di conservare gli aspetti virtuosi del sistema socialista-sovietico affermatosi in Europa orientale all’indomani della Seconda Guerra mondiale e, contemporaneamente, scevro dalle tendenze autoritarie e dirigistiche che avevano determinato la condanna a morte del sistema stesso.