Causalità penale e causalità civile. L'accertamento del nesso di causalità nel caso di insorgenza di malattie professionali.
La causalità riveste un ruolo essenziale, anzi vitale, nel sistema giuridico odierno e passato, in quanto lega la causa dell'azione umana con l'effetto di tale azione. Nella vita quotidiana tutto ciò che si fa, ogni gesto, ogni azione, è legato e sorge da una motivazione, da una causa. L'uomo, essere senziente e agente è in grado di influenzare la natura, il suo ambiente circostante, i rapporti con gli altri esseri. E proprio perché egli è in grado di agire direttamente, con motivazione, che ogni suo gesto produce degli effetti. Analizzando tale problematica dal punto di vista del comportamento penalmente rilevante, in ogni fattispecie criminosa dell'uomo vi è il nesso di causalità tra la sua condotta e l'evento. Sappiamo che la causalità è regolata dall'art. 40, co. 1 c.p. il quale statuisce che "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione"1; e dall'art. 41 c.p. il quale prevede che "il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita"2. Dal silenzio legislativo nel corso del tempo si sono avvicendate varie teorie sui criteri di accertamento della causalità. La presente tesi ne analizza i risvolti sia in ambito penale che in ambito civile, con specifico riferimento al nesso di causalità nel caso di insorgenza di malattie professionali. Viene suddivisa in tre capitoli, ove nel primo si affronta il principio di legalità, cardine sul quale poggia l'intero sistema sanzionatorio e frutto del pensiero illuminista, derivante dal noto brocardo latino nullum crimen sine lege, sancito dall'art. 25, co. 2 Cost. Se da una parte il principio di legalità riserva l'emanazione delle norme penali agli organi costituzionali deputati alla formazione delle leggi a garanzia dell'arbitrio degli altri poteri, dall'altro costituisce un fondamentale presidio della libertà dei consociati. Se ne descrive poi l'excursus storico nella società sino ad approdare alla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali, ove trova riconoscimento nell'art. 7, comma 1. Il capitolo secondo descrive il principio di materialità, corollario dell'art. 25, co. 2 Cost., volto a bandire dall'ordinamento ogni forma di diritto penale diretto a sanzionare modi d'essere anziché comportamenti. Con tale principio le fattispecie di reato possono essere orientate a punire solamente fatti umani che si manifestano nel mondo materiale. Essi pertanto vengono suddivisi, in base alla condotta umana, in reati di azione e reati di omissione, a seconda che la legge incrimini un fare ovvero un non fare. Si conoscono inoltre reati a condotta mista, reati di mera condotta e reati di evento, reati a forma vincolata e reati a forma libera. Infine, il capitolo terzo entra nel vivo del rapporto di causalità, esaminandone le fonti e i contenuti, i rapporti tra causalità penale e causalità civile. Mentre il diritto penale assolve ad una funzione sanzionatoria privativa della libertà personale, il sistema della responsabilità civile si pone, invece, l'obiettivo di eliminare le conseguenze pregiudizievoli di condotte lesive altrui. Si passa successivamente attraverso l'accertamento del nesso di causalità nel caso di insorgenza di malattie professionali, terminando con il problema del concorso di cause, ove, analizzando le sentenze della giurisprudenza di legittimità si può affermare che la questione rileva non tanto sotto il profilo dell'accertamento del nesso condizionalistico, quanto per il fatto che opinando in un senso piuttosto che nell'altro, potrebbe cambiare il titolo di reato o addirittura venir meno la stessa punibilità per mancanza dell'assunzione di una posizione di garanzia. Secondo tale orientamento bisogna guardare a quello che l'ordinamento chiede al soggetto: se il precetto violato esprime un comando, il comportamento è da considerarsi omissivo; se, invece, il precetto esprime un divieto, il soggetto risponderà a titolo commissivo.
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Informazioni tesi
Autore: | Mauro Boaretto |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2021-22 |
Università: | Università Telematica Pegaso |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Nicola D'Agnese |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 62 |
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