Un daimon in terapia. Le funzioni dell'archetipo vivente.
La stanza di terapia è uno spazio inter-specifico, la nicchia ecologica comune all'uomo e all'animale, luogo alchemico in cui tale dicotomia si dissolve.
Nelle profondità della moderna caverna in cui si celebra l'antico rituale di guarigione, pitture rupestri, in un gioco di luce e ombra, si insinuano mute e visionarie lasciando con ferocia la traccia della loro co-esistenza con gli Omuncoli. In principio era in sogno. Il setting di psicoterapia è il recinto in cui entrano diverse bestie, portate in transumanza dal processo di traghettamento svolto dal sogno (Hillman J. 2016)
La presenza degli animali in sogno o nella funzione di co-creazione della narrazione della vita dei pazienti è un fenomeno frequente, ampiamente documentato e discusso (Hillman J. , 2016) In psicoterapia il cane del sogno trova la sua cuccia, il topo onirico la sua tana, gli uccelli inviati dal Cielo il loro nido. La presenza animale in psicoterapia allarga i confini dell'inconscio personale e lo catapulta nella dimensione archetipica dell'inconscio collettivo. Questi esseri si fanno sentire da molto lontano, per accompagnare il paziente(e terapeuta) ai confini della propria psiche là dove si ripete da tempi immemorabili l'espulsione di una parte di sè dal paradiso terrestre. La stanza di psicoterapia, dunque, è l'arca di Noè in cui si raccolgono e salvano i residui del mondo animale, tutelandoli dal diluvio della disillusione e ingiustizia subita, pagando il prezzo amaro di non sentire più la comune appartenenza. Ciò che da sempre è dentro, i nostri organi, la nostra carne, i nostri umori assumono forme non umane lì fuori. Il passo è breve: ciò che non ci appartiene più diventa nostro solo con il possesso. L'uomo possiede gli animali e con loro gestisce, scotomizza, scinde, espelle parti sostanziali del proprio mondo psichico. Da qui la lunga storia di produzione e disintegrazione, la svalutazione della bestia e il contenimento semplicistico ed economico delle qualità non-animali nell'uomo (Hillman J. , 2016).
L'apparthaid è celebrato tutti i giorni: a tavola, il banchetto sacrificale del non senso è servito! Ma ad un certo punto del processo di co-trasformazione, sembra che in qualche modo il cane abbia persuaso e sedotto l'uomo per occuparsi dell'arte della guarigione. Cosa è successo? Come mai in un momento storico e culturale in cui si assiste sempre più allo scollamento dell'uomo dall'habitat primordiale, una bestia fa terapia?
In Pet Therapy assistiamo, infatti, a un acting. L'animale escluso, ma presente, che entra di soppiatto e fa territorialità nel setting, viene avvistato con stupore nella stanza di terapia, non più dall'interno del paziente, ma dall'esterno. È vero o non è vero? È dentro o fuori? Come ha fatto ad uscire dal mio sogno? È lui stesso un sogno?
Queste domande, implicite ma non solo, sono parte integrante del setting di zooterapia e contribuiscono a creare un clima ibrido tra sogno e realtà, catalizzando il ribollire degli aspetti affettivo-istintuali del paziente e dell'equipe terapeutica, come può accadere solo di notte, nell'intimità di un sogno.
Il quesito, dunque, che questo lavoro di tesi si propone di presentare, con la sola pretesa di rispondervi con un accenno di bisbiglio, è: cosa accade in terapia quando un animale (e che animale!) incontra il paziente? Ovvero: può il cane svolgere una funzione archetipica come il sogno? Di quali archetipi stiamo parlando?
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Informazioni tesi
Autore: | Luca Esposito |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Zooantropologia esperienziale: il binomio uomo-animale nella pet therapy e nelle attività assistite con gli animali |
Anno: | 2016 |
Docente/Relatore: | Lucia Francesca Menna |
Istituito da: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 36 |
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