Filamento in PET riciclato: produzione, analisi ed utilizzo in stampanti 3D FFF

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 5 Preambolo Il continuo aumentare di rifiuti domestici costituiti da materie plastiche, unito all’inesorabile ascesa nel mercato consumer di tecnologie di prototipazione rapida per adduzione di materiale, portano a chiedersi se e come tali scarti possano essere rivalutati e riciclati al fine di ottenere un prodotto meccanicamente competitivo con le controparti industriali nell’utilizzo in stampanti 3D a tecnologia Fused Filament Fabrication (FFF). Le motivazioni economiche, di sensibilità e tutela verso l’ambiente e di interesse verso la diffusione e le potenzialità che questo metodo produttivo offre sono palesi. Infatti, i materiali su cui è concentrato questo elaborato sono PET e PETG, essendo quest’ultimo un copolimero venduto da diversi produttori sotto forma di filamento per stampanti 3D attorno ai 35-50€/Kg, quando in forma di pellet è comunemente venduto attorno ai 6€/Kg e, su larga scala, attorno ai 2€/Kg. Inoltre uno dei principali rifiuti plastici domestici è costituito da bottiglie d’acqua in PET, che è proprio il polimero alla base della produzione di PETG e suo principale costituente. Infine, nel 2011 la testata giornalistica “The Economist” affermò in un articolo che “La stampa 3D di modelli digitali trasformerà i metodi produttivi e permetterà a più persone di iniziare a creare oggetti” e nel 2014, la casa automobilistica svedese Koenigsegg svelava il suo ultimo prototipo di hypercar “One:1”, il cui terminale di scarico in titanio fu ottenuto da tecnologie di additive manufacturing permettendogli di risparmiare 400g di materiale. Lo stesso anno la NASA inviava un prototipo di stampante 3D in grado di funzionare in condizioni di gravità zero sulla ISS per la produzione di parti di ricambio. L’anno successivo il costruttore europeo Airbus portava a collaudo