Scoperta della non-stereospecificità catalitica della deossicitidina chinasi umana: implicazioni farmacologiche ed evolutive
Nel 1848, all'età di 25 anni, Louis Pasteur scoprì che il tartrato d'ammonio, formava due tipi di cristallo, ciascuno dei quali era l'immagine speculare dell'altro. Egli li separò, li sciolse entrambi in acqua e osservò le due soluzioni illuminandole con un fascio di luce polarizzata. Con sua grande sorpresa, una soluzione faceva ruotare il piano della luce polarizzata in senso orario, l'altra in senso antiorario. Con grande acutezza, Pasteur giunse, così, a formulare una teoria sulla chiralità della struttura molecolare della materia: egli definì enantiomeri levogiri le molecole che ruotano la luce a sinistra e destrogiri quelle che la ruotano verso destra. Ulteriori studi portarono Pasteur all'intuizione che la chiralità è un requisito fondamentale della materia vivente.
Tale teoria si è rivelata di importanza fondamentale; oggi sappiamo, infatti, che le principali macromolecole costituenti gli esseri viventi, proteine e acidi nucleici, sono formate da molecole chirali: rispettivamente, L-aminoacidi e D-nucleotidi, responsabili della loro struttura secondaria. Per questo motivo è sempre stato considerato come legge assoluta e inviolata il fatto che gli enzimi possano interagire con uno solo degli enantiomeri di un substrato chirale.
Proprio perché la stereospecificità catalitica è considerata una caratteristica imprescindibile delle proteine dotate di attività enzimatica, ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica la recente scoperta, fatta dal gruppo Spadari e Focher, che alcuni enzimi coinvolti nella sintesi dei precursori del DNA e nella loro polimerizzazione, quali la timidina chinasi dei virus Herpes simpex di tipo 1 e 2, le DNA polimerasi erpetiche e cellulari, la trascrittasi inversa dell'HIV e la terminal transferasi, costituiscono un'eccezione a questa regola. In particolare la TK dell'HSV-1 ha mostrato una assoluta mancanza di stereospecificità essendo in grado di riconoscere e fosforilare entrambi gli enantiomeri della timidina (D- e L-Thy) con la stessa efficienza.
Pochi anni fa Harrison e collaboratori hanno ipotizzato, in base a studi di sequenza, che le TK erpetiche possano derivare dalla deossicitidina chinasi umana (dCK) per cattura del gene cellulare durante un evento infettivo. Questa ipotesi e i dati riguardanti la mancanza di stereospecificità delle TK erpetiche mi hanno condotto a investigare il grado di stereospecificità della dCK umana, l'enzima che converte la deossicitidina (dCyd) nel corrispondente monofosfato in presenza di un donatore di fosfato. Tale enzima, appartenente alla via di salvataggio della sintesi dei nucleotidi, è in grado di fornire dCTP per la sintesi del DNA e di alcuni deossiliponucleotidi e la sua azione è più importante in quelle cellule e tessuti come linfociti, milza, timo, leucemie linfocitarie, linfomi a basso grado di malignità, in cui è più attiva la via di salvataggio.
Il mio lavoro di tesi ha dimostrato che la dCK umana, come le TK erpetiche, è un enzima non-stereospecifico, in grado di fosforilare sia la D-dCyd, suo substrato naturale, sia il suo enantiomero L-dCyd; al contrario gli altri L-deossiribonucleosidi non vengono riconosciuti dall'enzima. Gli studi di cinetica enzimatica condotti sulla dCK dimostrano che la L-dCyd inibisce in modo competitivo la fosforilazione della D-dCyd da parte dell'enzima, e viene fosforilata con la stessa efficienza del substrato naturale. Analogamente alcuni analoghi della L-dCyd modificati nella base o nell'anello glucidico inibiscono l'attività catalitica dell'enzima e, sorprendentemente, si sono rivelati più attivi dei corrispondenti enantiomeri "D". Ho poi osservato che anche in vivo, nelle cellule in coltura, la L-dCyd interagisce con la dCK; infatti compete con la D-dCyd per la fosforilazione e riduce, in tal modo, l'incorporazione di [3H]-dCyd nel DNA. La L-dCyd, a differenza della D-dCyd, non entra, invece, a far parte del pool del dTTP sia che questo derivi dalla via de novo o dalla via di salvataggio, inoltre non inibisce la sintesi a breve termine di RNA e proteine e dimostra un effetto citotossico trascurabile sulla crescita cellulare.
Infine ho verificato se la L-dCyd e i suoi analoghi venissero degradati dalla citidina deaminasi (CD), un enzima chiave nel metabolismo della deossicitidina in quanto deamina, oltre a citidina e deossicitidina, anche numerosi analoghi nucleosidici ad azione antivirale o antineoplastica spesso diminuendone l'efficacia chemioterapeutica. Gli interessanti risultati da me ottenuti, indicano, che la L-dCyd e suoi analoghi non vengono deaminati dalla CD, il che è di particolare rilievo soprattutto per quei composti che rivelano un'attività chemioterapeutica.
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Informazioni tesi
Autore: | Giuseppina Priori |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1995-96 |
Università: | Università degli Studi di Pavia |
Facoltà: | Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali |
Corso: | Scienze Biologiche |
Relatore: | Maria Clara Cuccia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 86 |
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