Diverso da chi? Il diversity management e la rimozione delle barriere invisibili nei contesti aziendali. Il caso Deutsche Bank.
La gestione della diversità in azienda è uno dei temi fondamentali sul quale molte imprese investono e impegnano risorse economiche e temporali. La politica di gestione della diversità, definita appunto “Diversity management”, rappresenta un processo di sviluppo che sappia cogliere, gestire e trasformare la diversità in valore strategico per l’impresa. Genere, età, etnia, disabilità, orientamento sessuale sono tutti fattori ai quali bisogna fare riferimento nel processo di trasformazione dell’impresa in “Diversity oriented”. Nel mio lavoro di analisi mi sono soffermata principalmente su una forma di diversità: quella in termini di orientamento sessuale. Credo che questa forma di diversità possa essere considerata differente perché tratta delle tematiche molto delicate di cui si parla spesso, ma per le quali non si agisce perché fanno riferimento ad aspetti molto delicati e controversi della vita del singolo. L’idea centrale del presente elaborato è l’indagine approfondita di come un modello teorico di gestione della diversità possa essere implementato in un contesto aziendale reale aiutando le imprese a comprendere come poter cogliere, apprezzare e valorizzare il talento personale, prescindendo da condizioni di differenziazione che possono riguardare gli individui. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi prefissati la metodologia d’indagine, oltre alla ricerca teorica sul campo, ha sfruttato l’utilizzo di un’intervista semi strutturata rivolta alla HR Management and Development specialist presso Deutsche Bank, con lo scopo di entrare in stretto contatto con le iniziative di cui una grande multinazionale si dota per affrontare le problematiche della diversità e per trasformare la stessa in un fattore di vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. Il modello teorico al quale ho fatto riferimento si configura in un processo di indagine che interessa tutti i livelli della cultura aziendale. L’ausilio di un’intervista semi-strutturata ha contribuito a dare valore alla mia ricerca sul campo, in quanto mi ha dotata delle informazioni e degli espedienti necessari per valutare come il processo di raggiungimento di uno stato di equità in azienda possa avere efficace attuazione e possa, allo stesso tempo, generare dei risultati. Dal mio studio emerge che con il termine diversità in Deutsche si fa riferimento ad una cultura aperta e libera da pregiudizi, nella quale i singoli dipendenti sono liberi di esprimere il proprio potenziale e contribuire a raggiugere gli obiettivi di business dell’impresa. Nel mondo Deutsche Bank il percorso è stato seguito in tutte le sue tappe. L’impostazione del management in Deutsche Bank, fortemente influenzato dall’internazionalità del gruppo, è orientato ad una maggiore comprensione dei problemi e teso ad incoraggiare i collaboratori nella ricerca delle possibili soluzioni. L’impatto con una realtà così dinamica non è stato semplice e, molto spesso, ha dato spazio a sentimenti di scetticismo. Ma con il tempo il coinvolgimento delle persone più aperte, curiose e volenterose di migliorare ha contribuito a creare un clima di fiducia e cooperazione fra il personale che ha favorito l’atteggiamento positivo nel vivere i valori della diversità. Per concludere, un punto su cui la Dottoressa, durante l’intervista, mi ha fatto molto riflettere è la necessità di rendere chiaro il concetto che il Diversity Management è un approccio finalizzato alla “valorizzazione delle diversità” delle persone ma è necessario che questo si traduca in un “ritorno economico” per le aziende. Molto spesso si tende a far prevalere una dimensione etica del tema e probabilmente è proprio questo il fattore che non genere una grande spinta motivazionale nelle scelte dei manager. Le organizzazioni, infatti, non nascono per fare beneficenza e coloro che occupano posizioni apicali nel contesto organizzativo devono essere in grado di comprendere i vantaggi tangibili derivanti dall’attuazione di determinate politiche. Basandomi su quanto teorizzato e applicato nella realtà mi sento di poter affermare che la diversità possa considerarsi un valore aggiunto nel momento in cui risponde alle esigenze di business. L’ascolto dei diversi bisogni implica, infatti, l’inevitabile trasformazione delle tradizionali modalità organizzative, in realtà comode perché standardizzate e uniformi. Questa situazione è, infatti, gratificante sia per i singoli che per le imprese: dal punto di vista individuale, però, l’uguaglianza è intesa come conferma della propria identità e delle proprie scelte, mentre dal punto di vista organizzativo, l’uniformità viene ricercata come strumento capace di facilitare e rafforzare i processi di comunicazione, favorendo la compattezza e l’integrazione su tutti i livelli. Del resto è palese e condiviso come l’eccellenza dipenda dalla diversità e dalla forza creativa che si genera dal loro incontro.
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Informazioni tesi
Autore: | Giulia Bella |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze economico-aziendali |
Relatore: | Giuseppe Scaratti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 178 |
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FAQ
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