Comunità e comunicazione nell'etica di K. O. Apel
Karl Otto Apel è conosciuto in tutto il mondo per la sua originale proposta di un’etica della comunicazione. Tale proposta rappresenta, nel panorama della filosofia contemporanea, una via isolata rispetto alle tendenze dominanti, di natura scettica o comunque antifondativa. Il nostro autore intende rispondere in maniera forte al problema della regolazione della prassi - questione urgente nell’età della scienza -, ritrovando nel pensiero comunicativo l’elemento comune ad ogni particolare realtà di vita.
Sebbene la società odierna sembri aver imboccato la strada del dialogo e della ricerca del consenso nella risoluzione dei conflitti nazionali ed internazionali - si veda ad esempio la sempre maggiore importanza assunta in questo senso da meeting, summit, vertici e dibattiti ad ogni livello - permangono ancora, e sembrano addirittura farsi più minacciose, delle zone di cieca violenza, di scetticismo e di disimpegno. Per questo, infatti, il singolo individuo si chiede con sempre maggiore frequenza quale senso abbia cercare il dialogo con l’altro, con il diverso; oppure quale sia l’utilità del non fare ricorso alla violenza; o ancora quale ruolo possa giocare il singolo nel tentativo di cambiare i rapporti sociali vigenti, quando esso si scopre, invece, vulnerabile e limitato. La risposta di Apel è una proposta di impegno ad ampio raggio. Essa trae la linfa vitale da quella che è la chiave di volta dell’intero discorso del filosofo tedesco: l’orizzonte trascendentale. Secondo il nostro autore, infatti, bisogna ipotizzare l’esistenza di un apriori della comunicazione, come garanzia dell’autenticità di qualsiasi espressione o comprensione linguistica: senza gli altri - cioè senza una potenziale comunità di comunicazione a cui fare riferimento - il mio pensiero non avrebbe senso. E la relazionalità comunicativa permea non solo ogni pensiero, ma anche ogni azione umana.
L’orizzonte trascendentale è allora la base su cui si fonda tutta la problematica etica. Secondo Apel, infatti, pragmatica trascendentale ed etica si intrecciano in modo indissolubile nella scoperta della categoria della comunità di comunicazione, alla luce della quale viene fondata la norma etica del discorso e la responsabilità morale del singolo uomo. Apel ha presentato la propria proposta di una fondazione razionale della morale, sostenendo che nello stadio postconvenzionale dello sviluppo morale sussiste la possibilità di realizzare l’intesa su norme morali non sulla base di autorità contingenti, bensì sul consenso anticipato della comunità ideale di comunicazione di tutti gli uomini. Tale possibilità è fondata sulla funzione universale che il linguaggio assume. Con questo, il nostro autore non intende affermare che l’uso del linguaggio garantisca di per se stesso il conseguimento di un consenso razionale universale in merito a norme e principi morali, ma esso lo rende almeno possibile, in quanto rende possibile regolamentare in maniera vincolante il discorso argomentativo mirante all’intesa e alla formazione di un consenso in merito a norme e principi morali. Per Apel, inoltre, attraverso la riflessione sulle condizioni della possibilità dell’argomentare sensato, è possibile fissare le norme della reciprocità comunicativa mediante una fondazione ultima dei principi dell’etica. Tale fondazione si basa sulla considerazione che la partecipazione al linguaggio nella forma dell’argomentazione razionale presuppone necessariamente, pena il cadere in un’autocontraddizione performativa, il riconoscimento di norme etiche fondamentali (comprensibilità, verità, veridicità e giustezza normativa), le quali, in quanto regole ideali dell’argomentazione, rappresentano le condizioni per la possibilità di una comunità ideale della comunicazione, che chi argomenta nella comunità reale della comunicazione deve sempre necessariamente presupporre come condizione dell’argomentare stesso.
Fondare in tal modo la comunicazione consensuale significa da parte di Apel manifestare una grande fiducia nelle capacità del pensiero umano. Quando, in un epoca di passaggio come la nostra, caratterizzata dal crollo delle ideologie e dalla crisi dei valori tradizionali, una proposta di tal genere rivela una carica utopica non indifferente. Ogni discorso volto al consenso rimane, infatti, pur sempre legato a forme di razionalità strategica. Spesso accade cioè che i consensi, di volta in volta ottenuti, non siano espressione reale dei bisogni e delle pretese dell’intera umanità: il consenso rischia di divenire ideologico, se non è esso stesso il risultato di una comunicazione, idealmente avvenuta, tra tutti i partecipanti al discorso. Tali zone d’ombra attraversano pericolosamente il campo della comunicazione, impedendo al pensiero umano di esprimere le sue reali potenzialità e di realizzare la reciproca comprensione nella storia.
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Informazioni tesi
Autore: | Luca De Clara |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1993-94 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Michele Lenoci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 231 |
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