Aspetti del diritto ''ecclesiastico'' in Carignano in età moderna
La Comunità (dal 1683, città) di Carignano, fu uno dei principali centri subalpini. Nel medioevo s’irradiavano da essa i poteri di due grandi casate feudali: i Romagnano e i Provana. Nel ‘300 vi si consumò un celebre conflitto tra i Savoia e i Savoia Acaia. In seguito fu base, talora, della dinastia e della corte. Divenne, poi, appannaggio, del ramo sabaudo che ne trasse il nome, di grande caratura dinastica e notorietà europea, già ben prima di salire sul trono d’Italia. La presenza dei Savoia, una posizione favorevole, floridi commerci e la ricchezza delle sue terre, trasformarono Carignano nella patria di grandi casate, la presenza delle quali non solo fece sorgere palazzi e chiese notevoli per pregio architettonico (tra cui spicca la parrocchiale alfieriana, uno dei capolavori assoluti del barocco europeo) ma animò le autorevoli istituzioni amministrative e giuridiche.
Nella storia della città, s’intrecciano le vicende dei soggetti sin qui citati con quelle della Chiesa e delle istituzioni religiose locali (vari monasteri maschili e femminili e numerosi priorati, cappellanie, benefici e influenti confraternite). Soprattutto a partire dal ‘600, si deve registrare una conflittualità accesa (della quale non si deve però amplificare la portata, sotto un profilo, per così dire, “politico”) nel contesto della quale si assiste al contrapporsi in via giudiziale, tra di loro, di differenti enti e rappresentanti ecclesiali: si rileva un forte ruolo della Parrocchia, che intende porre fine a disordini, particolarismi, personalismi, per sancire la sua “supremazia”, espressa in sede tridentina. A metà del ‘600, dopo che alcuni prevosti avevano dovuto rinunciare al loro ruolo, per le difficoltà di governo parrocchiale in cui si erano imbattuti, entrò in scena un prevosto volitivo (e dotato di solide solidarietà locali e “romane”) che tentò di ricondurre la vita religiosa nell’alveo dei dettami e auspici controriformistici dopo secoli in cui gravi abusi (qui descritti) non erano mancati. Nella tesi si esaminano, grazie a documentazione manoscritta e stampe rarissime o introvabili, reperite in archivi privati e pubblici, gli sviluppi degli atti di lite di alcune delle controversie da esso sostenute (escussione dei testimoni, sottili argomentazioni giuridiche, riferimenti a usi consuetudinari e via dicendo), soprattutto contro il monastero di Santa Chiara, con riferimento a questioni cerimoniali, processionali e devozionali.
Alcuni degli aspetti destinati a generare un contenzioso si potrebbero ritenere “tipici”, se non intervenisse sullo sfondo una situazione particolare, generata da un polisecolare conflitto giurisdizionale tra i vescovi di Torino e l’abate di San Michele della Chiusa, dal quale dipendeva – ma con continue contestazioni – Carignano, con riferimento “allo spirituale”. Per potere costruire uno scenario complessivo attorno alle singole vicende giuridiche descritte si è pertanto dovuto raccogliere una vasto quadro di informazioni di contorno e di sfondo circa la presenza patrimoniale e religiosa dell’abbazia di San Michele della Chiusa in Carignano e circa le sue controversie col vescovado e poi arcivescovado torinese, durate ininterrottamente dal XII al XVIII secolo, quasi configurandosi, in età moderna, come un’anticipazione, pur trattandosi di due enti ecclesiali, in considerazione della tipologia degli attori coinvolti, dei successivi conflitti giurisdizionali tra Stato e Chiesa.
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Informazioni tesi
Autore: | Alberto Ermanno Mola Di Nomaglio |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Enrico Genta |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 540 |
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