Vita da Extracomunitario in Europa: limiti, libertà e diritti dentro i confini comunitari
Negli ultimi quarant’anni il massiccio aumento delle migrazioni in direzione del vecchio continente hanno portato i governi europei ad interrogarsi riguardo la necessità di adottare una politica comune in materia di immigrazione per evitare discrepanze legislative e problemi relativi al controllo delle frontiere. L’Unione sta cercando di realizzare un’azione comune di controllo delle frontiere che possa risultare efficace e che dia una risposta sovranazionale agli attuali sviluppi, in particolare nell’area del Mediterraneo. Ovviamente, una condotta di questo genere crea una contrapposizione tra le responsabilità di solidarietà che una società civile dovrebbe garantire (indipendentemente dalla cittadinanza dei soggetti che risiedono nel suo territorio) e le esigenze di sicurezza pubblica e tutela dell’ordine. Il bilanciamento tra queste due componenti è la vera sfida che l’Unione Europea è chiamata ad affrontare .
Con questo lavoro mi propongo di focalizzare l’attenzione sugli effetti reali che le politiche nazionali e comunitarie in materia di immigrazione producono nelle vite dei cittadini degli Stati Terzi. Quando si tratta il tema “immigrazione” si è soliti affrontarlo da “spettatore” senza dare la dovuta importanza ad aspetti tutt’altro che superficiali della vita di un immigrato, quali ad esempio la rigidità dei requisiti per ottenere un permesso di soggiorno ed il sottile filo che lega lo status di soggiornante legale al suddetto permesso. Più dettagliatamente, nel primo capitolo ho voluto introdurre la terminologia di base correlata al tema dell’immigrazione. Il secondo capitolo affronta descrittivamente la parte più tecnica e delicata del lavoro, in quanto viene studiata la legislazione nazionale di alcuni stati membri riguardo i requisiti di accesso e di soggiorno per poter ottenere un permesso valido e le varie tipologie di permesso in Italia. I paesi che citerò più spesso e del quale mostrerò le attuali tendenze, sono stati scelti sulla base delle maggiori propensioni migratorie attuali. In questo capitolo si tiene conto della distinzione tra cittadino comunitario ed extracomunitario. Un’ultima sezione di questo capitolo mostrerà i requisiti necessari al conseguimento della cittadinanza e dei permessi ponendo in evidenza, laddove sussistano, le maggiori differenze tra gli stati membri. Nel terzo capitolo sono concentrati gli effetti pratici della rigidità che sembra oggi contraddistinguere le politiche migratorie. Vedremo qui come il diritto d’asilo abbia intrapreso un lento percorso verso lo sgretolamento e destrutturazione. A questo proposito c’è da dire che, a livello europeo, è stato più agevole raggiungere il consenso e la cooperazione tra gli stati membri sulla condotta da adottare nei confronti dei richiedenti d’asilo e dei “confini esterni europei” (nella quale si plasma una sempre più visibile rete di controllo volta a bloccare l’immigrazione irregolare). Riguardo le tematiche che trascendono la politica di contrasto all’immigrazione illegale e strumentale, è stato più difficile raggiungere un’armonizzazione (per esempio nella concessione dei permessi). Possiamo addebitare la causa alla riluttanza da parte degli Stati membri dell’Unione Europea a concedere la propria sovranità statale in ambito dell’immigrazione. Sempre in questo capitolo ho voluto portare degli esempi pratici di cosa significhi vivere in condizione di “clandestinità” e come si diventa “clandestini”. La scelta di trattare l’immigrazione ha molto del personale in quanto io stessa sono stata vittima dell’inefficienza del sistema burocratico e giudiziario. Ragazzi che appartengono a seconde generazioni si sentono parte della società ospitante a 360° e si sentirebbero smarriti in qualsiasi altro contesto a loro estraneo (ad esempio nella nazione di origine). Nonostante nella “pratica” siano italiani i loro diritti e la loro nazionalità sono definiti da un pezzo di carta chiamato permesso di soggiorno perché “formalmente” sono stranieri. La legge Bossi- Fini riflette per eccellenza questa dicotomia. La politica è solita manipolare l’opinione pubblica; ne è una chiara prova lo svolgimento di vertici europei nel quale si discute la gestione dell’immigrazione a porte chiuse (sono incontri riservati al quale non possono partecipare neanche giornalisti). Con il quarto capitolo propongo un’analisi di un interessante caso che tocca l’Europa intera ma in maniera più acuta l’Italia: la fine del trattato di Cooperazione ed Amicizia con la Libia e le sue implicazioni. Per concludere nell’Appendice sono riportate alcune interviste di persone il quale profilo si adatta ai casi da me delineati. Sempre nell’appendice sono presenti statistiche attuali e previsioni demografiche che segneranno l’Europa della seconda transizione demografica.
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Informazioni tesi
Autore: | Diessica Dias Aguiar |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze per la cooperazione allo sviluppo |
Relatore: | Sandro Mezzadra |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 166 |
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