La povertà e l'esclusione sociale, processi di cambiamento e nuovi rischi sociali
La povertà, fenomeno di grande interesse, suscita da anni l’attenzione di studiosi e ricercatori interessati a riflettere, analizzare ed approfondire questo tema. La povertà nel tempo è diventata più che una mera carenza di risorse economiche, ma è più opportuno parlare di una povertà multidimensionale, che meglio rappresenta la complessità della società in cui viviamo. Lo stile di vita, il lavoro, l’istruzione, la salute psicofisica divengono vari aspetti della povertà multidimensionale.
I dati forniti dalle fonti statistiche mettono in evidenza la notevole differenze tra centro-Nord e il sud dell’Italia, questa condizione di povertà riguarda un numero cospicuo ( 13,1 % ) di individui: poveri diventati ancora più poveri, e la gente comune, appartenenti alla classe media, i cosiddetti “stipendiati” che da un giorno all’altro hanno visto ridurre le loro capacità di acquisto, costretti a cambiare il loro tenore di vita e a rinunciare ad una serie di beni e servizi, con maggiori difficoltà nell’affrontare anche le spese necessarie: per la casa, per le utenze, per l’istruzione dei figli, per la cura della salute, e in alcuni casi addirittura per l’acquisto di beni di prima necessità. Ed è proprio nel Mezzogiorno che la povertà presenta i tassi d’incidenza più elevati di tutto il paese ( 22,7% ), con un intreccio stretto tra povertà e disoccupazione, oltre allo scarso intervento dello Stato nel cercare di garantire il benessere dei cittadini. In uno Stato già debole, non in grado di sopperire alle diverse esigenze territoriali, il decentramento amministrativo ( D.P.R. 616/1977 ) ed il federalismo fiscale introdotto con la recente riforma Legge n.3 del 2001, che ha previsto l’attribuzione di competenza esclusive nell’ambito delle politiche sociali e dell’ assistenza alle regioni, l’offerta dei beni e servizi ed i criteri di accesso assumono un carattere discrezionale, a seconda della regione e delle risorse disponibili. In mancanza di un coordinamento centrale da parte dello Stato, in ritardo rispetto alla definizione dei LIVEAS, tale situazione è stata la causa principale di una forte differenziazione territoriale, in cui il diritto alle prestazioni sociali dipende dal luogo di residenza. In questo lavoro la povertà e l’esclusione sociale si inseriscono nei processi di cambiamento che a partire dagli anni Settanta hanno generato trasformazioni socio-demografiche evidenti in una realtà sociale caratterizzata dal costante aumento dell’invecchiamento della popolazione, e dal calo delle nascite; ma anche dalle riforme del lavoro che ne avrebbero dovuto aumentare le opportunità, ma che in realtà lo hanno reso instabile, precario, e scarsamente tutelato, in uno scenario in cui la famiglia resta il principale ammortizzatore sociale. Questi cambiamenti hanno generato la diffusione di nuovi rischi sociali. Il lavoro precario e i disagi delle donne in una società poco attenta alle loro difficoltà quotidiane, diventano due temi "caldi" in questo contesto di difficoltà in cui i giovani , pur studiando a lungo,vedono dinanzi a se un futuro del tutto incerto e poco programmabile; con un aumento degli inoccupati e dei cosiddetti “Neet”. E le donne che da sempre hanno maggiori difficoltà ad essere assunte, poiché meno disponibili e affidabili secondo i datori di lavoro, soprattutto quando la presenza di figli piccoli, data le difficoltà nel dover conciliare il ruolo familiare con gli impegni lavorativi. Per molte donne la scelta del “part-time” diventa così una scelta di genere, fatta per non essere costrette a dover dipendere economicamente dal proprio partner e per contribuire alle necessità familiari. L’occupazione delle donne si riversa in quei lavori considerati “tipicamente femminili” spesso marginali e poco retribuiti, con difficoltà di carriera e di raggiungimento di ruoli di prestigio. È così che le donne diventano più vulnerabili economicamente e maggiormente esposte a rischi di povertà.
Purtroppo le politiche sociali in Italia appaiono inefficaci rispetto ai nuovi rischi sociali, caratterizzate da una logica assistenziale, basata su interventi selettivi e residuali, tipicamente emergenziali, oltre agli scarsi investimenti nell’assistenza ai poveri, l’assenza di uno schema nazionale di sostegno del reddito.
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Informazioni tesi
Autore: | Maria De Rosa |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze del servizio sociale |
Relatore: | Dora Gambardella |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 101 |
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