La condizione patrimoniale della donna tra Otto e Novecento, con particolare riferimento all'istituto della dote
Oggetto della ricerca è l’analisi dal punto di vista storico-giuridico di come la capacità patrimoniale della donna tra Ottocento e Novecento, con particolare riferimento all’istituto della dote, si sia evoluta, trasformata e, soprattutto, affrancata da precedenti storico-giuridici (la maggior parte di derivazione romanistica) che la vedevano, da sempre, legata ed indissolubilmente associata alla capacità patrimoniale maschile in generale: quella del pater familias, prima, e quella del marito, poi.
Si procederà, quindi, con un breve quadro storico-giuridico di riferimento, con il solo obiettivo di voler tratteggiare quelle che furono le antiche origini della vigente disciplina patrimoniale italiana, con particolare riguardo alla condizione femminile.
Il tutto è ovviamente finalizzato ad una comprensione delle modificazioni di maggior rilievo che la capacità patrimoniale femminile – ed in taluni casi anche, più in generale, giuridica – ebbe nel nostro periodo di osservazione, ossia quello relativo ai principali fenomeni di codificazione moderna, caratterizzato da un vivo fermento giuridico e giurisprudenziale dei principali stati europei dando alla luce nell’ Ottocento (in particolar modo nella prima metà del secolo) le codificazioni francesi, austriache, italiane – nel senso di preunitarie – svizzere e tedesche.
Si parte quindi dall’analisi di come la codificazione napoleonica del 1804 – prima effettiva codificazione dell’età moderna europea - abbia, sulla scia di moti storici rivoluzionari e gius-liberali, legiferato in tema di capacità patrimoniale coniugale ed in special modo femminile.
Si prosegue, ovviamente, di come tale normativa sia stata recepita nelle principali codificazioni preunitarie italiane, anche – e non solo - in considerazione dell’applicazione dal 1806 del Code francese al Regno italico; lo si farà anche illustrando le prassi giuridiche e notarili dell’Italia centrale di primo Ottocento nel corso della cui trattazione verranno messe in rilievo consuetudini e costumi locali di riferimento, approdando ad uno studio in taluni casi persino geografico dell’istituto dotale.
Si giunge dunque all’ esame del primo Codice Civile unitario italiano del 1865: l’intento sarà quello di analizzare quanto nel Codice Pisanelli sia stato effettivamente recepito dalle precedenti fonti giuridiche: gli istituti di derivazione romanistica ed in particolare giustinianea, il Code Napoleon, le codificazioni preunitarie italiane.
Si termina, infine, passando per le principali innovazioni legislative che si ebbero in tema di capacità giuridico-patrimoniale femminile tra fine Ottocento ed inizio Novecento, con l’analisi del codice civile vigente, precedentemente e successivamente alla riforma del diritto di famiglia del 1975, attraverso una ricerca comparatistica della normativa civilistica dei due codici, posti quindi a raffronto.
Le legislazioni della Restaurazione ed il Codice Civile del 1865 riconfermarono la dote come istituto patrimoniale legale delle famiglie italiane: sopravvissuta nel Codice Civile del 1942 come regime convenzionale, fu abrogata, in effetti, solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975.
L’introduzione del regime di comunione dei beni come nuovo regime legale, disciplinato dalla legge 151/75, ebbe come scopo principale quello di valorizzare il contributo, sia esso diretto o indiretto, materiale o spirituale, offerto da ciascun coniuge (e quindi anche e soprattutto della donna) alla formazione del patrimonio familiare, costituendo la base economica comune per porre in atto quanto concordemente deciso relativamente alla vita familiare.
Con la riforma del ‘75, in effetti, il significato della famiglia si restringe da quello autoritario – riscontrato nel Code francese – a quello della famiglia nucleare che tende ad evidenziare una trasformazione strutturale in senso, appunto, antiautoritarioPreme evidenziare come nel corso della ricerca, l’istituto dotale abbia avuto non solo risvolti patrimoniali e certamente successori, ma anche come questo abbia potuto assumere un’ accezione di carattere sociale ed in taluni casi persino demografico (vedi elemosine dotali nel XII secolo e monti di maritaggio in XIX secolo). Non da ultimo è bene ricordare l’impulso riformista di cui il diritto familiare ha goduto, a valle della riforma del 1975, grazie alle numerose direttive europee che hanno condotto l’Italia ad uno sguardo verso l’Europa in un’ottica di ammordenamento e revisione - tout court - dei relativi diritti.
Colpisce, effettivamente, pensare come l’abrogazione dell’istituto dotale sia avvenuta, in Italia, poco più che trent anni fa; forse però tale abrogazione si realizzò quando la società - la società moderna italiana post-industriale - fu realmente in grado di recepire tale cambiamento.
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Informazioni tesi
Autore: | Nicola Bruni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze giuridiche |
Relatore: | Paolo Passaniti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 66 |
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