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La narrazione dell'esperienza del familiare che assiste la persona con demenza

Attraverso la narrazione dell'esperienza dei familiari viene analizzata la demenza nel primo capitolo, nel secondo capitolo viene approfondita la figura del caregiver ed il contesto in cui esso presta la sua opera, le difficoltà quotidiane a cui va incontro. Nel terzo capitolo vengono esaminate le due narrazioni e vengono confrontate tra di loro, aprendo una piccola parentesi sulle difficoltà incontrate dai due narratori nell'affrontare la malattia. Queste difficoltà riguardano principlmente la mancanza d'informazione ricevuta dal sistema sanitario.

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Introduzione Se si cercano sul vocabolario i sinonimi di demenza, si possono trovare termini come pazzia, follia, squilibrio mentale, infermità mentale; tutte queste parole non riusciranno però a spiegare il comportamento della persona a cui si vuole bene: non viene detto che questa malattia porta la persona a vivere in un mondo suo, in cui la realtà per lei può essere completamente diversa da quella che vediamo e percepiamo noi. Spesso non siamo in grado di entrare nel mondo della demenza, perché ci manca la chiave per decifrare i codici o i simboli che la persona malata assegna agli oggetti, alle parole, alla realtà in cui vive. Purtroppo non esiste una chiave universale che ci permette di capire ed entrare nel mondo di ogni persona che soffre di demenza, ma possiamo adottare degli accorgimenti che ci possono aiutare a capire e ci permettono di stare più vicino a coloro che si rifugiano in questa nuova realtà. Quando viene studiato questo tipo di malattia, spesso troviamo sui libri un piccolo paragrafo che ci spiega come possiamo migliorare la comunicazione: si possono spesso leggere concetti come il seguente: “per promuovere l’interpretazione dei messaggi da parte del paziente, l’infermiere rimane calmo e riduce i rumori e le distrazioni. Inoltre usa frasi chiare, di facile comprensione per trasmettere messaggi, in quanto spesso il soggetto ha dimenticato il significato delle parole, oppure ha difficoltà ad organizzare ed esprimere pensieri. Elenchi o semplici istruzioni scritte possono servire come promemoria al paziente e risultano spesso utili. A volte il paziente indica un oggetto o comunica con un linguaggio non verbale. Gli stimoli tattili, per esempio un abbraccio o un buffetto sulla mano, vengono generalmente interpretati come segni di affetto, di interessamento e di sicurezza” Suddharta (2005). Studiare e leggere questi concetti sui libri, è relativamente facile ma la realtà non è altrettanto semplice. Iniziamo ad accorgerci di quanto sia difficile mettere in pratica la teoria che apprendiamo a scuola, solamente quando iniziamo a lavorare e ci troviamo ad affrontare situazioni che credevamo non 1

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Informazioni tesi

  Autore: Daniela Dal Pai
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Luisa Cavada
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 120

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