Sognando la Machamba. L'immigrazione mozambicana nel Sudafrica post-apartheid
Il reinserimento del Sudafrica nell’economia mondiale ha portato a nuove ondate di immigrazione, dai paesi della SADC e dal resto del continente.L’espansione e la liberalizzazione del capitalismo nel paese hanno portato a un’intensificazione dell’attraversamento dei confini da parte dei migranti della regione.Tale tipo di migrazione è causato dalle crescenti disuguaglianze economiche presenti all’interno dei paesi della regione, che portano i gruppi vulnerabili, come i migranti economici, i rifugiati politici e le vittime dei disastri naturali, a vedere nell’immigrazione una strategia per il miglioramento delle loro condizioni di vita.I primi flussi migratori dal Mozambico verso il Sudafrica ebbero inizio dalla seconda metà del XIX secolo, quando l’industria mineraria sudafricana, in stretta collaborazione con il governo statale sudafricano e i governi coloniali inglese e portoghese, ha dato l’avvio ad un mercato del lavoro regionale per il reclutamento di minatori.Durante il periodo coloniale, il Mozambico divenne il principale serbatoio regionale di forza lavoro per le miniere d’oro del Witwatersrand, mentre la città di Lourenço Marques (l’odierna Maputo) divenne il principale porto della ricca regione agricola e mineraria del Transvaal.Dopo l’indipendenza, la partenza dei coloni portoghesi mise in crisi settori strategici dell’economia nazionale, in particolare quello industriale e agricolo.Il governo indipendente, guidato dal movimento di liberazione FRELIMO,si trovò davanti un paese con un’economia arretrata e debole, condizioni aggravate dalla forte ostilità dei paesi vicini, in primis il Sudafrica dell’apartheid.Il I capitolo analizza nel profondo le tipologie dei flussi migratori verso il Sudafrica a partire dal 1994. Sono state utilizzate fonti tratte soprattutto dalle pubblicazioni del Southern African Migration Project (SAMP), attraverso cui vengono forniti dati esemplificativi sulle origini di queste migrazioni.In tal senso, di fondamentale rilievo risulta la questione del lavoro migrante e delle sue tipologie così come si sono presentate in Sudafrica, con un’attenzione particolare ai cambiamenti che si sono in esso evidenziati dopo il rafforzamento delle misure esclusive e restrittive attuate dal nuovo governo sudafricano.Successivamente, nel corso del II capitolo, verrà analizzato il contesto giuridico e legale attraverso il quale il nuovo Sudafrica ha sviluppato la propria politica verso l’immigrazione.Nel 1991, il governo sudafricano dell’apartheid aveva fatto approvare l’Alien Control Act, legge incentrata sugli imperativi ideologici degli ultimi anni del regime. All’epoca della sua emanazione, la politica verso l’immigrazione era indirizzata essenzialmente a tenere lontani gli immigrati africani dal Sudafrica, favorendo, invece, l’immigrazione della popolazione bianca di origine europea.Nonostante il governo democratico dell’ANC abbia mantenuto in vigore l’ACA nei suoi primi anni al potere, il periodo dal 1995 al 1997 è stato caratterizzato dalla concessione di tre amnistie a favore degli immigrati.Nel 1997, il Department of Home Affairs (DHA) sudafricano organizzò un team di esperti indipendenti per scrivere e formulare un progetto di riforma dell’ACA. Si procedette così all’emanazione del Green Paper on International Migration, primo passo verso un nuovo regime legale per il controllo dell’immigrazione.Il Green Paper venne successivamente sostituito dal Draft White Paper on International Migration, che ha portato ad un rafforzamento delle misure di controllo dell’immigrazione clandestina.Infine, il 15 febbraio 2000, il governo sudafricano ha emanato l’Immigration Bill.Riprendendo alcune delle analisi precedentemente fatte, nel contesto dell’immigrazione in Sudafrica il Mozambico svolge un ruolo estremamente rilevante, analizzato nel corso del III capitolo.Sin dalla sua formazione, i governi coloniali portoghese e inglese hanno contribuito a creare stretti legami di dipendenza tra i lavoratori mozambicani e le miniere e le aziende agricole sudafricane.Alla luce dei frequenti rapporti su atti di intolleranza contro cittadini stranieri in Sudafrica, come dimostrato dalle aggressioni xenofobe scoppiate il 12 maggio 2008 nelle township abitate prevalentemente da immigrati, soprattutto mozambicani, si può notare come si sia sviluppata la tendenza a utilizzare il termine xenofobia per spiegare l’opposizione di ampi settori della popolazione sudafricana nei confronti degli immigrati e dell’immigrazione in generale.L’immigrazione e gli immigrati neri sono divenuti una sorta di capro espiatorio per una crescita economica che negli ultimi anni è rallentata rispetto ai primi anni della transizione democratica e, soprattutto, per le crescenti disuguaglianze che si stanno palesando all’interno del paese e tra i propri cittadini, che iniziano a non credere più nel “miracolo sudafricano” paventato dopo le elezioni dell’aprile 1994.
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Informazioni tesi
Autore: | Joana Fresu De Azevedo |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Facoltà di Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Internazionali e Diplomatiche |
Relatore: | Arrigo Pallotti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 111 |
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