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I licenziamenti collettivi tra flessibiltà ed effetti sociali

Le sollecitazioni al cambiamento che hanno investito il nostro diritto del lavoro negli ultimi anni non sono diverse da quelle che hanno colpito gli altri ordinamenti europei. Infatti, il tema della rigidità del mercato del lavoro ha attratto un’attenzione particolare in quanto potenziale causa dei persistenti, elevati, tassi di disoccupazione in Europa. In riposta a queste preoccupazioni, un consistente numero di paesi dell’area OECD ha intrapreso politiche di liberalizzazione delle norme che regolano i mercati del lavoro, ed in particolare le forme contrattuali cc.dd. “flessibili”.
In una dimensione più strettamente “macroeconomica” la flessibilità, quale processo di adattabilità delle prestazioni lavorative alle esigenze del sistema economico-produttivo in un contesto di forte concorrenza a livello internazionale , è venuta ad assumere un ruolo di criterio ordinatore nel funzionamento del mercato del lavoro come fattore decisivo di incentivazione e redistribuzione delle possibilità occupazionali e di allargamento dei soggetti coinvolti .
Più precisamente, l’intento di flessibilizzare il mercato del lavoro nel, nostro Paese, sembra essere perseguito oltre che dalla tendenza più evidente (costituita dalle modifiche apportate alla disciplina dei contratti a termine come pure dall’introduzione di nuove tipologie contrattuali), anche dagli incentivi e agevolazioni, per le assunzioni di lavoratori in mobilità, disposti dalla disciplina dei licenziamenti collettivi.
In quest’ottica il presente lavoro ha l’intento di indagare su alcuni aspetti, della disciplina sui licenziamenti collettivi, che sembrano accentuare le spinte verso la flessibilizzazione con conseguenti seri rischi di “precarizzazione” dei rapporti di lavoro.

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   2 INTRODUZIONE  Le  sollecitazioni al cambiamento che hanno  investito  il nostro diritto del  lavoro negli ultimi anni non  sono diverse da quelle che hanno colpito gli altri  ordinamenti  europei.  Infatti,  il  tema  della  rigidità  del mercato  del  lavoro  ha  attratto  un’attenzione  particolare  in  quanto  potenziale  causa  dei  persistenti,  elevati,  tassi di disoccupazione  in Europa.  In  riposta a queste preoccupazioni,  un  consistente  numero  di  paesi  dell’area  OECD  ha  intrapreso  politiche  di  liberalizzazione delle norme che regolano i mercati del lavoro, ed in particolare  le forme contrattuali cc.dd. “flessibili”.  In  una  dimensione  più  strettamente  “macroeconomica”  la  flessibilità,  quale  processo  di  adattabilità  delle  prestazioni  lavorative  alle  esigenze  del  sistema  economico‐produttivo  in  un  contesto  di  forte  concorrenza  a  livello  internazionale 1 ,  è  venuta  ad  assumere  un  ruolo  di  criterio  ordinatore  nel  funzionamento del mercato del  lavoro come fattore decisivo di  incentivazione                                                              1  G. FERRERO, La flessibilità in entrata alla luce del Libro Bianco sul mercato del lavoro, in Riv. Ita. Del Lav., 2002, I, 424. 

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