Disciplina giuridica del consenso informato
Quanto alla RESPONSABILITA’ PENALE, la condotta del sanitario che intervenga sul paziente senza essersi munito del suo preventivo consenso costituisce d’ordinario un’ipotesi di attività penalmente rilevante in quanto violatrice della sfera personale del soggetto. La sentenza che più di tutte ha suscitato ampio clamore e un diffuso allarme tra la classe medica, è quella relativa al “Caso Massimo” del’92(che ha affermato la regola secondo la quale il consenso avrebbe costituito il fondamento di liceità penale dell’attività medico-chirurgica, e cioè l’elemento giustificante tale attività, rendendola esente da ogni rimprovero di penale rilevanza che viceversa si sarebbe potuto astrattamente porre in relazione agli atti medico-chirurgici tipici.
Secondo la C.Cassazione un intervento chirurgico eseguito senza consenso, o con un consenso imperfetto e in assenza di effettivo stato di necessità, integra la fattispecie delittuosa della Lesione Personale Volontaria di cui all’art. 582c.p., sussistendo gli estremi dell’offesa all’integrità fisica della persona e dell’elemento intenzionale richiesto, e cioè il dolo generico. Dopo questa decisione che portò all’affermazione della responsabilità penale dell’imputato per Omicidio Preterintenzionale (secondo l’equazione trattamento chirurgico consapevole eseguito senza consenso uguale a Lesioni Personali Volontarie, e se da essa fosse scaturita la morte si sarebbe configurata la fattispecie di Omicidio Preter.) la C.Cassazione ha superato questo orientamento che individua il fondamento della liceità penale dell’attività medica unicamente nel consenso del paziente, distaccandosi dalla posizione espressa in relazione al caso Massimo, ponendo diversi assunti nella sentenza BARESE del 2001, FIRENZANI del 2001 e Volterrani DEL 2002. La prima e più rilevante sentenza della C.C. è quella Barese’01 (che riguardava l’estensione decisa dal chirurgo nel corso di un intervento concordato con la paziente e per il quale era stato espresso il consenso, alla più impegnativa e rischiosa asportazione di un voluminoso tumore, per la quale non era stato espresso alcun consenso dalla paziente) in cui la questione affrontata relativa alla corretta qualificazione penalistica della prestazione medico-chirurgica con esito infausto eseguita senza il consenso del paziente e all’infuori di situazioni d’urgenza, chiama in causa l’antica problematica della valenza e giustificazone del consenso del paziente rispetto al trattamento praticatogli dal medico.
Nella sentenza in questione è stata significativamente disconosciuta la configurabilità dell’ipotesi di omicidio preterintenzionale in quanto l’attaggiamento psicologico del medico è certamente sprovvisto del dolo intenzionale diretto a ledere richiesto dall’art. 584 c.p. Tali proposizioni già orientano verso la conclusione secondo cui intervenire chirurgicamente su di un paziente, violando la regola del consenso ma per finalità e con indicazioni terapeutiche, non possa integrare quale che ne sia l’esito perciò solo perché non c’è consenso il reato di lesioni personali volontarie art. 582 c.p., e cioè una condotta aggressiva dell’altrui incolumità fisica e determinatrice di malattia, da cui poi derivandone per mero nesso causale la morte del paziente, possa scaturire la configurazione dell’omicidio preterintenzionale.
La dimensione e il significato giuridico che si ritengono allora di assegnare al consenso del paziente se portano ad escludere la configurabilità nell’atto chirurgico lege artis del reato di cui all’art. 582 c.p., potrebbero peraltro orientare verso la diversa figura di reato di cui all’art. 610 c.p. che presiede alla protezione della libertà morale del soggetto. La seconda Sentenza Firenzani’01, conferma essenzialmente i principi fondamentali espressi dalla sentenza Barese quanto al fondamento di liceità dell’attività medico-chirurgica e alla configurazione del consenso quale requisito limite volto a garantire la libertà di autodeterminazione del paziente, ma costituisce la prima applicazione in sede di legittimità del principio della violazione del consenso del paziente in chiave Colposa art. 590 c.p., nel senso di far scaturire una responsabilità penale a titolo di colpa a carico del sanitario esecutore di un intervento chirurgico sul paziente nell’erroneo convincimento, ascrivibile a sua negligenza o imprudenza, dell’esistenza della preventiva espressione di un regolare consenso da parte del medesimo.
Mentre nella sentenza Volterrani’02, vengono sempre ripresi i principi espressi dalla sentenza Barese, ma a differenza di questa, dà maggior rilievo al Dissenso esplicito del paziente.
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Informazioni tesi
Autore: | Fabiola Evangelista Conocchia |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Cassino |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Francesco Saverio Fortuna |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 135 |
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