Il rischio elettrico in endoscopia
L’utilizzo di apparecchiature elettromedicali di tipo endoscopico da un lato ha migliorato le tecniche diagnostiche e terapeutiche di molte patologie dall’altro hanno introdotto nuovi rischi. In ambito medico è luogo comune considerare le pratiche endoscopiche come degli “interventi” a “basso rischio” e ciò evidentemente è correlato alla semplicità delle indagini e degli interventi e alla “ridotta invasività” di tali pratiche. Ma dal punto di vista elettrico l’ “invasività” non è affatto ridotta: tali procedure richiedono l’introduzione di “conduttori elettrici” all’interno del corpo umano. E’ noto che il principale rischio correlato all’ “utilizzo” dell’elettricità nei locali ad uso medico è quello della fibrillazione ventricolare, più propriamente conosciuto come microshock. Si tratta di correnti che, seppur piccolissime, addensandosi sul cuore sono capaci di destabilizzarlo dal punto di vista elettrico e quindi alterarne la contrattilità da cui dipende l’azione di pompaggio del sangue. Solitamente il rischio di microshock è preso in considerazione nelle pratiche mediche che richiedono un’applicazione cardiaca diretta sul miocardio, quindi “totale”.
Scopo di questa tesi è valutare e cercare di quantificare il rischio di fibrillazione nel caso in cui le apparecchiature elettromedicali non vengano utilizzate direttamente sul cuore ma in regioni prossime o comunque in zone che possono risultare ben connesse ad esso dal punto di vista elettrico.
Per comprendere lo stato attuale delle tecnologie impiegate in endoscopia e delle specifiche problematiche di sicurezza elettrica è stata condotta una ricerca bibliografica sull’argomento, non tralasciando di evidenziare le principali tecniche endoscopiche oggi in uso, le apparecchiature biomediche impiegate e gli impianti elettrici dei locali preposti. Si è notato che le moderne apparecchiature endoscopiche contendono parti elettricamente conduttive percorse da corrente (ad es. videoendoscopio), a cui spesso si associano utensili e accessori (si pensi per esempio all’elettrobisturi utilizzato in endoscopia) comunemente usati all’interno del corpo umano che contribuiscono a creare percorsi preferenziali per la corrente elettrica, in zone anche limitrofe alla zona cardiaca e dei grossi vasi (ad es. esofago, stomaco, bronchi, etc.).
Si è analizzato in particolare il problema delle “parti applicate” in endoscopia studiando, facendo uso di opportune ipotesi semplificative, la distribuzione approssimativa della densità di corrente in funzione della distanza dal punto di applicazione. Lo scopo di tale studio è stato quello di identificare approssimativamente una “distanza minima di sicurezza” dal cuore per poter classificare le pratiche endoscopiche in base al possibile evento della fibrillazione, considerando le varie tipologie di parti applicate (norma CEI 62-5) e le correnti di dispersione ammesse in condizioni normali e di primo guasto. Per completare lo studio si è ovviamente considerato anche la tipologia dell’impianto elettrico delle sale per endoscopia prescritto dalla vigente normativa (CEI 64-8 sez 710). Allo stato attuale molte pratiche endoscopiche vengono considerate relativamente “innocue” dal punto di vista della sicurezza elettrica e pertanto eseguite in locali che dal punto di vista impiantistico non prescrivono le caratteristiche più stringenti. D’altra parte la stessa normativa, non considerando esplicitamente la possibilità di applicazione cardiaca parziale, prevede provvedimenti impiantistici che possono risultare non particolarmente né adeguatamente cautelativi per particolari pratiche endoscopiche.
Da questo studio preliminare emerge che l’utilizzo del trasformatore di isolamento (oltre al nodo equipotenziale) nell’impianto elettrico della sala adibita a pratiche endoscopiche congiuntamente all’utilizzo di parti applicate delle apparecchiature endoscopiche che garantiscano le minime correnti di dispersione riducono considerevolmente i potenziali rischi fibrillazione ventricolare ad altre pericolose aritmie cardiache. Dallo studio delle pratiche endoscopiche, ma, più in generale, anche di quelle laparoscopiche e di chirurgia miniinvasiva emerge l’utilità di approfondire lo studio dei pericoli elettrici (anche quelli di ustioni interne), dipendenti dalle tipologie dei vari strumentari, dei distretti anatomici interessati e delle loro peculiarità elettriche (differenti proprietà elettriche dei vari tessuti) e della relativa prossimità alla zona cardiaca.
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Informazioni tesi
Autore: | Michela D'antò |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Ingegneria biomedica |
Relatore: | Francesco Gagliardi |
Coautore: | Ing. Paolo Bifulco |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 130 |
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