Nuove imprese e sviluppo economico. Il caso italiano nel panorama internazionale.
Negli ultimi anni, l’affermarsi di un sempre più esteso ed inarrestabile processo di globalizzazione e la comparsa sulla scena economica mondiale di nuovi colossi quali la Cina e l’India, ha fatto sì che in Europa si sia registrata una diminuzione della crescita della produttività. Questo rallentamento, accompagnato da uno scarso incremento dell’occupazione (che rimane ben al di sotto dei livelli di paesi come Stati Uniti e Giappone), si è tradotto in una bassa crescita del Pil.
Un simile quadro già poco positivo si è presentato in maniera ancora più allarmante nel nostro paese, dove le piccole-medie imprese, che caratterizzano il tessuto produttivo italiano, si sono dimostrate tanto più inadeguate nel far fronte ai mutamenti strutturali che l’economia ha subito a partire dagli anni ’90. In particolare l’integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia globale e la rivoluzione tecnologica nel campo dell’informatica e delle comunicazioni hanno eroso la posizione competitiva delle imprese di più ridotta dimensione, troppo piccole per sfruttare pienamente le opportunità del processo di globalizzazione e troppo carenti dal punto di vista delle risorse umane e dimensionale per trarre beneficio dalle nuove tecnologie e dall’innovazione. Tutti questi fenomeni, ai quali andrebbe aggiunto anche il processo di invecchiamento della nostra società, che richiede tassi di produttività del lavoro sempre più alti, hanno quantomeno rimesso in discussione l’effettiva competitività del sistema-Italia attraendo l’attenzione di studiosi, politici ed economisti, chiamati a delineare politiche per un necessario cambiamento di rotta. E poiché, in fondo, gli andamenti macroeconomici dipendono dal comportamento delle singole imprese, e più precisamente dall’ingresso di nuovi soggetti produttivi e dall’uscita di quelli meno adeguati dal mercato, buona parte della riflessione si è concentrata sulle cosiddette dinamiche d’impresa.
Seguendo quest’ottica, l’idea di fondo è che il rilancio di un sistema produttivo in difficoltà (come il nostro) non può che passare dalla sua capacità di creare e selezionare imprese di eccellenza, in grado di crescere e di affermarsi nel panorama internazionale, e di spostare le risorse verso i settori più innovativi e ad alti tassi di produttività, estromettendo invece dal mercato le realtà meno competitive. Le politiche pensate in questa direzione dovrebbero allora contribuire a creare le condizioni per delle dinamiche d’impresa più efficienti e selettive, non dimenticando in ogni caso il costo, non solo economico, che si associa ad ogni iniziativa imprenditoriale fallita.
Ebbene, potrebbero bastare già queste poche sintetiche righe per inquadrare in linee generali il tema principale ed il motivo ispiratore del presente lavoro. Con esso, infatti, ci si è proposto appunto di approfondire innanzitutto il ruolo dell’entrata di nuove imprese in un sistema economico, per poi inquadrare la situazione italiana in termini di demografia d’impresa (tassi di natalità, mortalità e turnover) specie nell’ambito di un confronto internazionale, chiarire le principali difficoltà della nostra economia nel selezionare e far crescere le start-up, ed individuare di conseguenza alcune politiche da porre in atto per aumentarne la competitività.
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Informazioni tesi
Autore: | Enrico Tamellini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Verona |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Legislazione per l'Impresa |
Relatore: | Angelo Zago |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 207 |
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