L'allargamento dell'Unione Europea: problematiche fiscali
I problemi riguardanti la politica fiscale sono sempre più al centro del dibattito economico e politico dell’Unione Europea. L’esperienza, unica nella storia, di un’unione monetaria accompagnata da una crescente integrazione dei mercati reali e finanziari, ma in assenza di un’autorità fiscale sovrana e con marcate differenze tra i Paesi non solo in merito alle aliquote o alle basi imponibili dei tributi, ma agli stessi criteri contabili che determinano i redditi fiscali, solleva problemi difficilmente risolvibili nel breve periodo.
Tuttavia, a queste preoccupazioni non ha corrisposto finora una capacità altrettanto forte di risposta da parte delle autorità comunitarie. Benché i tentativi di armonizzazione fiscale in Europa siano stati numerosi nella vita della Comunità prima e dell’Unione Europea poi, ben poco è stato raggiunto in pratica, soprattutto per quanto riguarda l’imposizione diretta sui redditi di impresa e di capitale.
A questi scarsi risultati hanno contribuito più fattori: gli scarsi poteri attribuiti agli enti centrali di governo dell’UE da parte dei trattati costitutivi della stessa, soprattutto sull’imposizione fiscale diretta; le gelosie dei Paesi costituenti che temono di veder ridotti i margini della propria sovranità fiscale, dopo averinunciato quella monetaria; i meccanismi decisionali dell’Unione in tema fiscale, attraverso il potere del veto. Di conseguenza, i 25 Paesi membri sembrano procedere in ordine sparso, riadattando i propri sistemi fiscali alla luce delle proprie esigenze del momento, con scarsa considerazione delle possibili conseguenze sugli altri. Gli ambiziosi obbiettivi del “Programma di armonizzazione delle imposte dirette” che venne redatto nel 1967, ha lasciato oggi il posto ad iniziative specifiche volte ad eliminare la concorrenza fiscale dannosa. Nonostante gli sforzi fatti dalle autorità comunitarie, però, i differenti regimi fiscali imposti dai Paesi membri dell’UE, in particolar modo in materia di imposte dirette, provocano a volte, come evidenziato nei capitoli precedenti, distorsioni economiche. Infatti, molti dei Paesi dell’est Europa che sono entrati, o che stanno per entrare nell’UE, stanno adottando politiche fiscali espansive, con l’obbiettivo di far crescere le proprie economie. Da una parte questi nuovi e futuri membri sono costretti a trovare un equilibrio economico, tenendo sotto controllo sia il deficit sia il disavanzo pubblico per non superare i limiti imposti dai criteri di Copenaghen, dall’altra parte cercano un fragile equilibrio politico, per non incrinare i rapporti con gli Stati della “vecchia” Europa. L’introduzione dell’ imposta unica (flat tax), sempre più praticata dai governi nazionali dell’est Europa, ha fatto lievitare le già forti divisioni politiche all’interno dell’Unione Europea: infatti, nei Paesi dell’est le imposte dirette nella maggior parte dei casi sono relativamente basse, questo provoca un incentivo alle imprese ad investire in questi Stati a discapito di Paesi come Francia, Germania o Italia, dove le aliquote sul reddito da capitale e da lavoro sono molto più alte (fino a 14 punti percentuali di differenza).
L’Europa sembra divisa anche sul futuro...
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Informazioni tesi
Autore: | Fabio Gallo |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Brescia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Vecchio Ordinamento |
Relatore: | Paolo Maria Panteghini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 132 |
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