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Il disturbo da deficit d'attenzione/iperattività: analisi della letteratura

Dopo una nota in cui vengono illustrati alcuni nuovi problemi che gli insegnanti oggi devono affrontare, viene spiegato come l’ADHD sia un problema la cui entità dipende sia dalle caratteristiche del singolo che del contesto sociale in cui esse trovano risposta: è un disturbo transazionale.
Nella parte prima dell’elaborato, al paragrafo primo, vengono descritte le difficoltà nel fare diagnosi del disturbo, sia a causa della necessità di raccogliere informazioni congruenti da più contesti (casa e scuola), sia per il fatto che non esiste un test che dia un responso certo. Dopo aver presentato i sintomi cardine dell’ADHD (disattenzione e iperattività/impulsività, per il DSM-IV), vengono date informazioni sulla prevalenza, sul decorso e sulla prognosi, nonché sulle sue probabili origini ereditarie. Nel secondo paragrafo sono delineati i modelli cognitivi e neuropsicologici finora elaborati per spiegare i deficit dell’ADHD, iniziando dai primi modelli attentivi per arrivare a quelli più recenti, che fanno riferimento all’importanza dei processi esecutivi e dei meccanismi di autoregolazione cognitiva e motivazionale. Al terzo paragrafo sono presentati alcuni aspetti comportamentali, educativi e scolastici, oltre ai problemi relazionali tipici di questi bambini, che rappresentano condizioni di rischio per la qualità di vita dell’adulto con ADHD, e per lo sviluppo di disturbi da dipendenza o peggio di personalità. Il quarto paragrafo descrive alcune linee guida della terapia farmacologia più usata nell’ADHD, mettendo poi in luce alcuni problemi deontologici connessi all’uso che sono emersi nel nostro paese. Nell’ultimo paragrafo della prima parte, sono presentati i problemi diagnostici legati alle difficoltà di diagnosi differenziale e alla presenza di numerosi disturbi comorbili, accuratamente descritti uno per uno.
Nella seconda parte di questo lavoro, vengono descritti i principali strumenti di valutazione che possono facilitare la diagnosi di ADHD in un soggetto in età evolutiva: questi sono suddivisi tra strumenti di primo (storia delle difficoltà del bambino, test intellettivi e checklist comportamentali, ecc.) e di secondo livello. Tra questi ultimi rientrano i test cognitivi e neuropsicologici (test delle Campanelle, Continuous Performance Test, WCST, ecc.), il sistema diagnostico di Gordon, oltre ai test per valutare il linguaggio, le capacità mestiche e le abilità visuo-spaziali.
Questo per quanto riguarda il capitolo primo; nel secondo, invece, sono presentati molti tra i possibili interventi per ridurre le difficoltà di questi bambini. Prima di decidere come articolare il progetto di intervento, che dovrebbe prevedere più livelli (famiglia, scuola, trattamento individuale in genere dopo la 3° elementare), occorre tener conto di numerosi fattori: l’entità e la pervasività dei sintomi, l’età del bambino, la presenza di comorbilità, le risorse cognitive, e il livello di motivazione al cambiamento, che dipende a sua volta dal grado di stigmatizzazione subito dal soggetto nel suo ambiente di vita. Detto questo, i trattamenti praticabili sul singolo sono diversi: comportamentali e cognitivo-comportamentali (interventi su antecedenti e conseguenti, strategie complesse come la token-economy, training metacognitivo, PAS, ecc.), centrati sulla riabilitazione dell’attenzione e del Sistema Esecutivo (aumento dei tempi di attenzione selettiva, training secondo il metodo Benso), o infine orientati sul corpo (training di rilassamento, meditazione e visualizzazione, terapia psicomotoria). A questo tipo di interventi, è indispensabile affiancare adattamenti in campo scolastico (gestione del comportamento in classe, adattamenti alla programmazione e alla conduzione delle lezioni, suddivisione di compiti complessi in piccole parti, ecc.), oltre all’educazione ai genitori (parent-training).
Nella parte conclusiva, si affronta la questione relativa all’esistenza dell’ADHD come sindrome a sé stante, problema che si intreccia con quello della frequente coesistenza di disturbi comorbili. Infatti, vi sono tanti modi diversi di inquadrare sintomi di iperattività e di disattenzione. Un altro tema piuttosto pregnante, è relativo alla diagnosi in età prescolare poiché, qualora fosse praticabile, permetterebbe di implementare trattamenti dagli effetti maggiormente generalizzabili e perciò più duraturi.

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4 Introduzione IL DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ Non è raro sentire insegnanti di scuola primaria e secondaria dichiarare che nelle loro classi vi sono molti alunni vivaci o dal comportamento poco controllato. Questi bambini rappresentano talvolta un elemento di disturbo per lo svolgimento regolare delle lezioni, poiché gli insegnanti sostengono di riuscire con difficoltà a riportare un contegno adeguato tra gli alunni, e qualora ci riescano, sono costrette a constatare come alcuni bambini sembrino comunque mal disposti a seguire le lezioni. Le indagini condotte negli ultimi anni attestano come sia sempre più nutrito il numero di bambini in età scolare che, pur essendo intelligenti, faticano ad adattarsi ai tempi dell’apprendimento scolastico (Molin, Poli, Gardinale, 2002). Gli insegnanti presentano spesso un quadro delle loro classi dove, accanto a molti bambini con lievi difficoltà a prestare attenzione, ve ne sono alcuni che sembrano incapaci di autocontrollarsi (Molin, Poli, 2000). Eugenia Scabini (1998) ha suggerito come alcuni aspetti della vita moderna si possano ritenere responsabili del carente sviluppo di abilità di autoregolazione cognitiva e comportamentale: oggi i genitori tendono a porre più attenzione agli aspetti affettivi che a quelli normativi nell’educare i figli, i quali sono immersi in contesti di vita eccessivamente stimolanti dal punto di vista cognitivo, dove è privilegiata la risposta rapida e non meditata (è il caso della tv e dei videogiochi) (Molin e Poli, 2000). Tuttavia, nella realtà quotidiana il carico di lavoro riduce la considerazione che i genitori dedicano alle esigenze emotive dei bambini, e d’altra parte spesso gli insegnanti non sono disposti a colmare eventuali lacune educative degli alunni, poiché ritengono necessario un certo grado di autocontrollo comportamentale per intervenire sugli aspetti propriamente cognitivi. Inoltre sono note le difficoltà che ha la scuola a

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Informazioni tesi

  Autore: Monica Delbue
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Marina Pinelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 141

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Parole chiave

adhd
ddai
deficit attenzione
disattenti
disturbi attenzione
disturbo da deficit dell'attenzione
iperattivi
iperattività
metilfenidato
multifattoriale
ritalin
training metacognitivo

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