Definizione di Teoria della neutralità del debito pubblico
Teoria che si basa sull'esistenza del vincolo di bilancio intertemporale. Cioè, se lo Stato, per far fronte a un disavanzo, preferisce indebitarsi piuttosto che aumentare l'imposizione fiscale, quel debito prima o poi dovrà essere ripagato con avanzi di bilancio. Quindi a livello intertemporale, il vincolo del bilancio pubblico deve sempre essere in pareggio.
A partire dagli studi ottocenteschi di David Ricardo e poi di economisti contemporanei, come Robert Barro, si è sostenuto che un agente economico razionale deve sempre considerare il proprio vincolo di bilancio intertemporale quando compie una qualsiasi decisione economica. Per questo motivo, un individuo che gode di un aumento di reddito dovuto a una spesa pubblica finanziata con debito pubblico non dovrebbe avere alcuna sensazione di maggiore ricchezza, perché sa che prima o poi quel debito contratto dallo Stato sarà ripagato con le proprie tasse. Di fronte a questa consapevolezza, l'individuo razionale accantona i maggiori introiti per finanziare il futuro pagamento delle imposte.
L'unico limitato effetto espansivo che i teorici della neutralità concedono al deficit pubblico è nel caso di spesa per l'acquisto di beni e servizi. In questo caso una limitata espansione del reddito si verifica, ma vengono esclusi tutti gli effetti indiretti derivati dal meccanismo del moltiplicatore della spesa pubblica: dopo il primo aumento di produzione, dovuto a uno stimolo della domanda aggregata da parte del settore pubblico, il maggiore reddito di cui beneficiano i consumatori, viene messo da parte proprio per gli stessi motivi sopra indicati.