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Le Annales d’histoire economique et sociale
Esce il primo numero delle Annales d'histoire economique et sociale. Vi è pubblicato un editoriale di Bloch e Febvre, intitolato A nos Lecteurs, in cui si spiega che essi hanno progettato la rivista molto tempo prima, ma che a causa delle barriere esistenti tra gli studiosi, non è stato fino ad ora possibile dar vita ad una pubblicazione multidisciplinare, per cui si augurano che d'ora in poi aumenteranno questi scambi intellettuali.
Uno dei risultati teorici più interessanti che si possono trovare nei primi numeri della rivista, è che non viene affatto tracciata una linea precisa tra storia e non storia. Sul piano degli argomenti studiati, ad esempio, tanto i direttori che i collaboratori della rivista considerano interni alla storia i fenomeni più vari nello spazio e nel tempo: il primo fascicolo abbraccia quasi duemila anni di storia, con articoli sul prezzo del papiro nell'antico Egitto, sull'istruzione dei mercanti nel Medioevo, sull'economia tedesca del primo dopoguerra e sulla popolazione dell'Urss. Per esplicita ammissione dei direttori, infatti, l'interesse storiografico della rivista comprende anche gli avvenimenti contemporanei.
Un'altra esplicita ed importante apertura è quella verso la storia regionale e locale: le stesse Annales, nel disegno dei direttori, debbono promuovere la storia locale, fornendole il necessario inquadramento generale.
Ma è indubbio che l'ampliamento dell'interesse storico, e della stessa nozione di storia, si verifica soprattutto con la proposta di problemi nuovi ed insoliti per la tradizione storiografica: questioni di storia rurale e stradale, di storia monetaria e dei prezzi, di popolazione e colonizzazione, di storia delle industrie, di archeologia agraria, di storia dei mestieri, delle case, della vita materiale, del libro e della tipografia; problemi di iconografia economica, di storia delle tecniche, del lavoro, dei trasporti, delle poste, di archeologia botanica, di storia dell'alimentazione e delle famiglie: il tutto affrontato con taglio sociale molto spiccato e su scala geografica decisamente mondiale.
Se dal piano degli oggetti studiati ci trasferiamo a quello del modo di studiarli, osserviamo con facilità che neanche in questo senso la distinzione tra storia e non storia è affrontata in modo diretto; certo, indirettamente si ricava che il sapere è storico soltanto se è capace di innovare, di porre problemi nuovi; che in storia l'invenzione non è concessa e che la storia si distingue dalle narrazioni poetiche; che i lavori storici debbono risultare utili scientificamente e che l'erudizione inutile non può essere definita storia; ma, in fondo, la linea distintiva tra storia e non storia è tracciata dal solo esprit critique, ossia dallo spirito critico, che è peraltro una nozione volutamente incerta.
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