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Si tratta tra Italia e la Chiesa sulle leggi razziali
Buffarini-Guidi trasmette in Vaticano la parte del progetto di legge antisemita, elaborato in attuazione dei deliberati del Gran Consiglio, che riguarda i matrimoni. Gli articoli in questione sono tre:
Art.1 - Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo.
Art.2 - E' vietato il concubinato tra persone che non possono unirsi in matrimonio per il disposto dell'art.1. i trasgressori sono puniti con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire cinquemila a diecimila.
Art.7 - Non può produrre effetti civili e non deve, quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art.5 della legge 27 maggio 1929, n.847, il matrimonio celebrato in violazione dell'art.1. Al ministro del culto, davanti al quale sia celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto è disposto dal 1°comma dell'art.8 della predetta legge. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire cinquecento a cinquemila.
Nel corso dei negoziati, la Santa Sede riuscirà ad ottenere la soppressione dell'art.2 del progetto, che in pratica definisce come concubinato il matrimonio di un ebreo, anche se convertito, con un ariano. Non riuscirà però ad ottenere che l'articolo 7 riconoscesca i matrimoni contratti dagli ebrei convertiti al cattolicesimo. Il Vaticano propone di modificarlo, inserendo delle eccezioni al divieto di trascrizione dei matrimoni celebrati «in punto di morte o, previa dispensa delle autorità civili, per legittimazione di prole, o anche quando ambedue i contraenti, sebbene di razza diversa, professano la religione cattolica». Ma il Duce respinge tali richieste, che a suo dire finirebbero per trasformare la legge da razzista in confessionale. Pio XI allora scriverà personalmente a Mussolini (4 novembre) e al re (5 novembre). Il primo non gli risponde nemmeno; quanto a Vittorio Emanuele, questi dapprima interpella Mussolini e poi, il 7, rispondeva al Papa con una lettera del tutto elusiva: «Ringrazio molto Vostra Santità delle lettere che tanto gentilmente mi ha voluto dirigere. [...] Della lettera di Vostra Santità sarà tenuto il massimo conto ai fini di una soluzione conciliativa dei due punti di vista».
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