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La prima conferenza di Londra sul Canale di Suez
Si svolge a Londra la conferenza voluta da americani, inglesi e francesi per affrontare la vertenza aperta dalla nazionalizzazione del canale di Suez da parte del presidente egiziano Nasser. Sono presenti le delegazioni di 22 paesi, dopo la defezione della Grecia e il no egiziano: Australia, Ceylon, Danimarca, Etiopia, Francia, Gran Bretagna, India, Indonesia, Iran, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Olanda, Portogallo, Repubblica federale tedesca, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Turchia, Unione Sovietica. Il Segretario di Stato americano Dulles propone un piano basato sul principio dell'internazionalizzazione della gestione, da affidare ad un organo internazionale collegato alle Nazioni Unite. Da questa piattaforma prendono corpo le considerazioni delle altre delegazioni. Il nodo - determinante - da sciogliere è quello relativo alla gestione del Canale, che 18 delegazioni (tante quante poi voteranno il piano finale) vogliono rendere internazionale, e che quattro delegazioni ritengono invece debba rimanere in mano egiziana. A monte di tale divergenza c'è in definitiva la fiducia-sfiducia riguardo alla capacità egiziana di gestire il traffico lungo la via d'acqua, ma principalmente riguardo alla volontà politica di tenerlo aperto. La divergenza tra gli intervenuti a Londra non si ricompone, e soprattutto ci si presenta a Nasser in ordine sparso, sottoponendogli un progetto che egli non può accettare.
Per quanto riguarda la posizione italiana, il ministro degli Esteri Gaetano Martino ribadisce che la questione «va considerata sotto il duplice aspetto della nazionalizzazione unilaterale della Compagnia Universale del Canale di Suez e quello della libertà di navigazione in tale via d'acqua». Si mette così in evidenza che il problema può e deve essere scisso in modo da poter essere affrontato con gli strumenti più adeguati. Riguardo al problema della nazionalizzazione, Martino dichiara che non sono in discussione «i poteri ed i diritti di nazionalizzazione rientranti nella sfera delle prerogative di uno stato sovrano», ma rileva che nel caso specifico l'operato è anomalo, in quanto «tale nazionalizzazione riguarda una Società che, se formalmente egiziana, persegue un fine di utilità internazionale che trascende il mero interesse nazionale». Il tono del ministro è comunque molto cauto, la sua preoccupazione essendo soprattutto la salvaguardia dei diritti dei terzi. In questo senso va inteso l'accento che Martino pone subito dopo sul problema della libertà di navigazione. Nel discorso si fa notare che gli interessi italiani hanno in questo frangente una necessità forte a che il transito sia totalmente libero: «basta pensare alla posizione geografica dell'Italia, alle caratteristiche della sua economia basata [...] sull'importazione di materie prime, al posto che l'Italia occupa per tonnellaggio tra le nazioni marittime del mondo, al volume totale di merci in transito per il Canale che provengono o sono destinate all'Italia». E' dunque di importanza capitale che il Canale conservi questa sua funzione, non solo per gli interessi specifici italiani, ma anche per gli interessi delle altre nazioni che usufruiscono di questa via d'acqua, e soprattutto in proiezione della certezza del diritto, del rispetto dei trattati internazionali e dei principi fondamentali di convivenza internazionale. In conclusione del discorso, Martino considera importanti le recenti dichiarazioni di Nasser intese a ribadire il pieno riconoscimento da parte dell'Egitto dei principi di libertà di transito e di navigazione senza discriminazione di bandiera, e offre il contributo dell'Italia alla soluzione della crisi.
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